Ettore Scola, controlla l'inquadratura sul set del suo film su Fellini
Il docufilm è bello,
Ettore Scola non sarà Fellini ma è bravo. Ma come non sottolineare la sensazione di volercelo ricordare in ogni inquadratura?
Quella tra Scola e Fellini è un'amicizia che parte da lontano, dagli anni del dopoguerra, quando i geniali vignettisti satirici si trasferirono in blocco nel cinema aiutandone l'esplosione in Italia. Oltre ai due, Steno, Marchesi, Metz, Maccari, Age, Scarpelli, tutti i grandi autori e registi del nostro cinema più vitale, il primo ad entrare nella memoria collettiva, a volte mondiale.
Come nel racconto che Fellini stesso fece in "
Roma", il film comincia con l'arrivo nella Capitale dalla sua Rimini. E sono gli incontri e gli aneddoti, ricostruiti in finzione da Scola, che affascinano gli appassionati di cinema e non solo. Un viaggio che comincia nella redazione del
Marc'Aurelio, "il" giornale satirico, e prosegue negli studi di Cinecittà, quelli più amati dai due registi. Molto interessante l'uso dei fondali e delle scenografie elettroniche che grazie alla volontà di tenere evidenti, donano una notevole suggestione da set cinematografico.
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Che Strano chiamarsi Federico, Scola racconta Fellini" conferma l'esigenza di ricreare intorno al nostro cinema il mito perduto. Peccato per gli ultimi minuti del film; un montaggio delle scene più famose e significative dei film di Fellini, presenti nella nostra memoria sia per visione diretta sia per averle incontrate in altri cento omaggi dedicati al regista.
06/09/2013, 14:19
Stefano Amadio