FESTIVAL DI ROMA 8 - "La luna su Torino" è più che mai luminosa
In una vecchia e grande villa borghese di Torino vivono Ugo, Maria e Dario, tre solitudini così apparentemente lontane, quanto inconsciamente vicine.
Il primo, proprietario della casa, ha interessi dichiarati per la cucina, i classici della letteratura, e altrettanti nascosti, come i dvd dei cartoni animati erotici; Maria, pur sognando nel profondo di fare l'attrice, vive una vita monotona lavorando presso un'agenzia di viaggi; il ventenne Dario vorrebbe invece laurearsi in lettere, ma più che tenere la testa su libri e dispense, trova più soddisfazioni lavorando in uno zoo. Tre vite in bilico continuo, come acrobati che camminano su un filo, tra la speranza per il futuro e la paura di non riuscire a realizzarsi.
Dopo essersi fortemente dedicato al documentario come regista e produttore, a cinque anni di distanza da "Tutta colpa di Giuda", con "
La luna su Torino"
Davide Ferrario torna a firmare un film di finzione dal respiro più che mai indipendente.
Il centro della storia, da cui tutto parte e finisce, è il 45° parallelo, quella striscia che attraversa la Provincia di Torino per oltre novanta chilometri e che, percorsa dritto per dritto, porta dalla Pianura Padana direttamente in Mongolia. E così, l'equidistanza tra Polo Nord ed Equatore, diventa l'immagine migliore per raccontare quella necessità di equilibrio di cui i tre ragazzi necessitano per affrontare la propria strada.
Ferrario disegna tre personaggi ben sfaccettati, splendidamente interpretati da
Walter Leonardi,
Manuela Parodi ed
Eugenio Franceschini, che gli permettono di raccontare la precarietà di una generazione, senza certezze professionali, emotive, identitarie.
Ma soprattutto "La luna su Torino" si dimostra un film d'amore o, per meglio dire, un film sull'amore, in cui il regista "mette in scena" quelle passioni che lo hanno sempre dominato, come il cinema muto, la poesia di Leopardi, il cuore granata, le storie dei partigiani e i cori delle mondine.
Il tutto è affrontato con una leggerezza tipicamente calviniana, una volontà di "togliere peso" a ciò che si sta raccontando, che con il trascorrere dei minuti ti cattura, cresce, fino a farti sorridere teneramente di fronte alle strampalate disavventure di tre giovani in cerca di se stessi.
Un film capace di farti riappacificare con il cinema, luminoso ed emozionante, proprio come la luna.
09/11/2013, 20:54
Antonio Capellupo