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SOTTO18 - Intervista al regista Luc Jacquet


Il regista de "La Marcia dei Pinguini" in Italia a Torino per presentare il suo ultimo lavoro, "Il etait une foret"


SOTTO18 - Intervista al regista Luc Jacquet
Luc Jacquet
È il regista de "La Marcia dei Pinguini" (premio Oscar come miglior documentario nel 2006) e de "La Volpe e la bambina": Luc Jacquet è stato ospite a Torino del festival Sottodiciotto per presentare il suo ultimo lavoro, "Il etait une foret (C'era una volta una foresta)".
Lo abbiamo intervistato.

Cosa la spinge a scegliere un tema da raccontare?
Quello che mi interessa è il rapporto tra uomo e natura, non ho alcun desiderio di diventare uno specialista di un aspetto specifico (dopo i pinguini ho esaurito il mio approfondimento sul polo, ho cambiato argomento, e così ho continuato a fare). Ho la fortuna nel mio lavoro di potermi far guidare dalla mia curiosità sul mondo e poter approfondire ciò che preferisco.
Di formazione sono un biologo, e tempo fa mi sono reso conto - come tanti - che la natura non sta affatto bene. Mi sono chiesto cosa potevo fare io in tal senso, ho fondato una mia associazione, la Wild Touch, e con essa finanzio i miei lavori.
Dopo l'Oscar sono stato contattato da tantissimi scienziati che mi hanno chiesto di realizzare film sui più diversi temi che suscitassero emozioni sul pubblico e che aumentassero la consapevolezza sui problemi della natura.
Molti documentari naturalistici puntano sul senso di colpa, quello che ho sempre cercato io è stato di emozionare, di sensibilizzare alle tematiche ambientali. È dimostrato che la denuncia in sé stessa, far leva sul senso di colpa delle persone non serve, sono stati spesi moltissimi soldi in campagne simili ma non sono serviti: per me è importante cercare altro e ci sto provando, cerco l'emozione più profonda. Tendiamo a proteggere meglio e con più vigore qualcosa che ci piace, se non ci tocca in prima persona facciamo più fatica a farci coinvolgere. Questa è l'era dell'empatia, si tratta di cambiare il nostro software operativo, dobbiamo cercare di vivere in un modo diverso.

Ora tocca alle foreste.
Mi hanno proposto di fare un film ma non c'era alcun interesse commerciale, bisognava trovare la via giusta, allora mi sono messo io a cercarla e il primo passo è stato incontrare il botanico Francis Hallé: la foresta è un tema molto difficile da raccontare al cinema ma credo che insieme ci siamo riusciti.
Stiamo diventando sempre più consapevoli di cose che ignoravamo e che hanno a che vedere con le emozioni del mondo animale e del mondo vegetale. Fino ad ora l'uomo era concentrato solo su sé stesso, in modo autoreferenziale, si pensava che fosse solo il cervello a dare le emozioni.
Ho imparato ora che anche gli alberi le provano, anche se rimangono immobili, e hanno le stesse esigenze degli altri esseri viventi. L'unica differenza è che sono fermi, sono statici.
Ancor più sorprendente è che sono in grado di manipolare altri animali o vegetali, i fiori possono addirittura imitare il comportamento animale, e non hanno un cervello! L'uomo di fronte a queste scoperte è costretto ad un bagno di umiltà unico.

Questo documentario l'ha costretta a un lungo lavoro tecnico.
La lavorazione del film tra preparazione, sopralluoghi e riprese è durata tre anni, parte dei quali passati anche a capire come poter rendere al meglio la foresta. È davvero un ambiente diverso da tutti gli altri, la macchina da presa non sa vederla!
Lo spettatore di fronte a lei pensa: ok, questo è l'ambiente, ma dov'è l'azione?
E poi la macchina da presa ha uno sviluppo orizzontale, l'albero è verticale (ed enorme!).
Per noi era fondamentale entrare nella dimensione temporale e spaziale degli alberi, con movimenti adatti, e abbiamo dovuto inventare strumenti nuovi, utilizzando droni, cavi e quant'altro.
Gli effetti digitali sono stati necessari per rendere al meglio lo sviluppo degli alberi e fare in modo che non rimanesse alcun dubbio tra la verità mostrata e l'interpretazione artificiale.
Ma siccome me lo chiedono in tanti, sottolineo che le immagini con Francis in cima agli alberi sono verissime, lui lo fa davvero! Il difficile non è farlo salire, è farlo scendere!

Quanto ritiene sia ancora importante l'elemento festival per il cinema?
Sono indispensabili per un regista, specie giovane e non conosciuto, che può far vedere lì i propri film e incontrare il pubblico, fatto raro per un regista. Io stesso mi sono fatto conoscere ai festival tematici, sono necessari.
Il cinema naturalistico in generale è in cambiamento, c'è una parte di questa corrente che sta via via diminuendo la propria preoccupazione del riscontro, del resoconto scientifico e privilegia il punto di vista personale dell'autore rispetto al tema trattato, io stesso avrei potuto raccontare più dati scientifici ne "La marcia dei pinguini" di quanto non abbia fatto.
I film naturalistici oggi vivono lo stesso ruolo del cinema sociale negli anni '60, rappresentano l'ultimo spazio in cui si possa parlare di argomenti come natura, inquinamento, e molto altro.
È sicuramente marginale per il mercato, ma è molto vivace anche per la carica 'politica' che lo anima.

Vedremo il suo ultimo film anche in sala in Italia?
"Il etait une foret" è stato venduto in molti paesi, nel circuito delle sale e in televisione. In Italia Lucky Red, che solitamente distribuiva i miei film, non ha voluto comprare questo: speriamo si faccia avanti qualcun altro!

13/12/2013, 09:23

Carlo Griseri