Note di regia di "Quando c'era Berlinguer"
Il giorno dei funerali di Enrico Berlinguer finisce una fase della storia italiana. Muore il Pci, che sarà chiamato di lì a poco a fare i conti con il crollo di quei regimi autoritari che proprio Berlinguer aveva messo a distanza dalla vicenda dei comunisti italiani. Muore ma non nel modo inglorioso in cui sono finiti tutti i partiti comunisti occidentali. Muore cercando di far nascere altro, cercando di costruire una sinistra riformista e di governo. Se ha potuto farlo, se non si è dissolto, è perché c’è stato Berlinguer.
Era un uomo timido, riservato, competente, onesto, coraggioso. Divenne segretario di un Partito, pur glorioso, che non aveva mai superato il 25% e lo portò, in quattro anni, ad essere votato da un italiano su tre. Impresse accelerazioni vertiginose alla sua comunità, fino a immaginare una collaborazione di governo con l’avversario di sempre: la Dc. Mutò radicalmente la posizione del Pci nei confronti dell’Urss, dei
blocchi militari, dell’Europa.
Era convinto che, in quel tempo aspro di guerra fredda, un partito che si chiamava comunista avrebbe potuto diventare forza di governo solo attraverso un passaggio di legittimazione che presupponeva un accordo con la Dc.
Un ponte verso una democrazia dell’alternanza. Erano gli anni del terrorismo e delle stragi , per chi avesse nostalgia di quel tempo. Berlinguer sapeva che né i sovietici né gli americani vedevano di buon occhio la forza crescente del suo partito e aveva coscienza di quello che era accaduto in Cile quando un governo di sinistra era stato schiacciato da un sanguinoso golpe militare.
Ho raccontato questi anni, nel film. Anni che ho vissuto. Ho cercato di descrivere la sensazione di entusiasmo e di forza che avvertimmo in quei quattro anni , fino alle elezioni politiche in cui il Pci ottenne il 34%. Tutto sembrava possibile, vincere un referendum contro la Dc e la Chiesa , governare tante regioni e città, avvertire che tanti italiani non comunisti davano fiducia a quel partito per l’onestà e la competenza che Berlinguer comunicava. Ma in quelle votazioni la Dc non perse e il paese si trovò in una condizione di paralisi. Berlinguer si fece carico, per senso di responsabilità, di evitare nuove, drammatiche elezioni, accettando di far nascere governi tutti democristiani, in perfetta continuità con il passato.
E così la carica di energia di cambiamento, l’attesa di una svolta si arenarono sulla spiaggia dove la balena bianca era da anni, in debito di ossigeno ma eterna.
E venne un terribile inverno, fatto di disperazione sociale e violenza politica. Un tempo di sangue e di odio. Che culminò con il rapimento di Aldo Moro.
Ciò che accadde in quel giorno , lo stesso in cui si varava il primo governo con il Pci nella maggioranza, forse fu la dimostrazione che Berlinguer aveva ragione a temere che la reazione a quella prospettiva sarebbe stata la più violenta e imprevedibile.
Ho voluto raccontare soprattutto i dieci anni che separano la magica notte del Maggio 74 in cui prevalsero i No nel referendum sul divorzio e quella sera in cui Berlinguer combatté con la morte sul palco del suo ultimo comizio. Due Italie diverse, separate dal rapimento e dalla uccisione di Moro .
A Piazza San Giovanni, in quel Giugno del 1984, milioni di persone, mentre piangono per la morte di un uomo che amavano, sanno che qualcosa sta finendo per sempre. “Probabilmente finisce quel Partito Comunista, finisce la parola “comunista”, perché in Italia la parola “comunista” è Berlinguer. È una parola che non mi ha mai fatto paura, la parola “comunista” a me in Italia, perché la associo con quella correttezza, la associo con quella faccia, con quelle parole, con quella onestà e quindi continua ad essere nei miei ricordi una parola bella che muore
con chi in qualche modo l’ha inventata”.
Sono le parole di Lorenzo Cherubini, che aveva diciotto anni in quei giorni.
Ai diciottenni di oggi, alla loro difficoltà di legare i fili della memoria e alla loro energia e voglia di sognare e cambiare, è dedicato questo film.
Walter Veltroni