Note di regia del film-tv "A Testa Alta"
Nato da un’idea di Leone Pompucci e del produttore Sergio Giussani, ”A TESTA ALTA – I MARTIRI DI FIESOLE”, racconta la storia di un eroico sacrificio, ormai quasi dimenticato. La storia di tre carabinieri della stazione di Fiesole: Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti, che nella torrida estate del 1944 sacrificarono le loro vite consegnandosi ai tedeschi per salvare dieci ostaggi. Personalmente era una vicenda che non conoscevo, ma durante le varie stesure della sceneggiatura e documentandomi a mia volta sui fatti, mi sono appassionato al progetto al punto di riviverlo in prima persona, dall’angolazione non solo “privata” dei tre carabinieri ma anche, e soprattutto, nel contesto storico nel quale si stava compiendo il loro destino. Ho letto nella vicenda di questi tre giovanissimi eroi qualcosa di archetipico dove pensieri, sentimenti, sensazioni e intuizioni, variamente dominanti da individuo a individuo, si fondono in un’unica parola quanto mai decisiva per il futuro delle nuove generazioni: la dignità.
Avevano poco più di vent’anni questi tre ragazzi italiani quando il mondo crollò loro addosso, erano figli di un’altra epoca certo, di altri valori, ed è appunto per questo che oggi il loro esempio e appunto la loro dignità assumono un carattere universale, perché riguardano tutti, soprattutto i giovani di oggi che, prima o poi, saranno chiamati a governare questo paese. E’ sulla base di questo pensiero, che mi sono appassionato visceralmente a questi tre carabinieri cercando di dare loro la massima autenticità, strettamente legata all’epoca in cui vivevano, dove gesti e parole erano profondamente diversi dai nostri. In questo ho avuto complici splendidi, di rara professionalità e bravura fra i quali Giorgio Pasotti, Ettore Bassi, Marco Cocci, Andrea Bosca, Giovanni Scifoni e il giovanissimo Alessandro Sperduti che avevo già avuto, ancora bambino, sull’innevato e gelido set di “Cristallo di rocca”. Durante le riprese ho cercato di dare loro il massimo spazio possibile, cercando di capire insieme le varie possibilità che offre una scena per renderla credibile agli occhi dello spettatore, non “finta” o, peggio ancora, “inutile”. Questo è uno dei principali motivi per i quali preferisco girare personalmente con la macchina a mano: per sentirmi libero, ma anche per dare ai miei attori la stessa libertà d’espressione e di movimento. Senza questa libertà e autenticità tutto resta superficiale, poco credibile, e l’attore stesso rischia di diventare solo un’ombra o il “riflesso” di quello che dovrebbe essere. Un film, insomma, che abbiamo cercato di realizzare, tutti insieme, “a testa alta”.
Maurizio Zaccaro