Note di regia de "Il Viaggio"
E’ il 2008, quando mi decido a girare (senza esser sicuro di portarlo a termine) un lungometraggio che dovrebbe diventare una sorta di omaggio e di commiato al mondo contadino.
Inizio giorno per giorno (quasi subito aver terminato le riprese del mediometraggio TRAPPOLA) le riprese di questo lungometraggio, accompagnato dalla estrema partecipazione emotiva dei due protagonisti: due contadini solarolesi, Aldo Melari e Gino Samorini.
Con il passare dei mesi l’entusiasmo crebbe talmente che parteciparono al progetto anche molti paesani, fungendo molto spesso da comparse e da fornitori di oggetti d’epoca (moto e trattori) per la ricostruzione di alcune micro-sequenze ambientate in campagna negli anni ’50.
Creai la storia in base ai personaggi che avevo intorno, concedendo ampio margine all’improvvisazione, sia nella recitazione che nella scrittura preventiva. Scrivevo un paio di giorni prima e buttavo giù un semplice canovaccio, con alcune tracce di dialogo e il filo conduttore dei movimenti sulla scena.
Le riprese andarono avanti a lunghi intervalli, siccome nel frattempo ero stato selezionato per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma.
Un anno e mezzo di lavorazione, per quasi due ore di film, che costituisce un addio nostalgico al mondo contadino, sulla base di un road-movie nel quale questi due anziani contadini partono (con una moto d’epoca) alla ricerca di una loro ex-fiamma (di entrambi) defunta, scappata dal paesino quando erano più che ventenni.
Avrei voluto espandere questo film, ampliando le scene del passato, ma il budget a mia disposizione me lo ha impedito.
E’, si può dire, il film a cui ho tenuto di più e quello che a cui mi sento più legato. Questo colosso amatoriale porta con sé una marea di personaggi stravaganti, ma anche antichi simboli di un mondo contadino che non c’è più (vedi, in primis, il vecchio ‘rompiscatole’ che tende a raccontare ossessivamente le vicende della guerra).
La spontaneità dei due protagonisti è il primo filo conduttore per la visione di questo film. Gente che non è mai stata davanti alla macchina da presa è riuscita a darmi più verità di quanta non ne possa offrire un attore professionista.
Il mio motto sembra esser diventato “far recitare i non attori”. E qua, fortunatamente e con una gran dose di buona volontà, vi sono riuscito.
Alessandro Tamburini