Note di regia del film TV "Il Restauratore 2"
La prima volta che sento parlare di questa storia fu una sera di alcuni anni fa: ero a casa di Alessandro Jacchia che mi racconta di un’idea che ha in mente da tempo e dalla quale potrebbe essere sviluppata una serie di successo. Mi sorprende non poco, perché per la prima volta dopo tanto tempo ascolto un’idea diversa, davvero molto diversa da quelle che di solito affollano le tante fiction televisive. Gli rispondo sinceramente che mi piace, purtroppo però in quel periodo avevo impegni contrattuali da assolvere. Dissolvenza. Passano due, forse tre anni. Rivedo Jacchia che, nel frattempo, ha scritto con altri sceneggiatori i dodici soggetti della nuova serie per Rai1. A breve arriveranno anche le sceneggiature. Dunque, se mai fossi interessato, lui e Maurizio Momi, coproduttore e Amministratore Delegato dell’Albatross, vorrebbero propormi alla regia della serie. Purtroppo, nel frattempo, sono già coinvolto in altri progetti. Così, a malincuore, devo rinunciare ma aggiungo che, se per un motivo o per l’altro, le date delle riprese del Restauratore dovessero slittare io mi metterei a loro disposizione.
La prima serie non è slittata e i due registi che l’hanno girata, Giorgio Capitani e Salvatore Basile, l’hanno portata al successo. Così, come si dice, mi si presenta una seconda opportunità. E la prendo al volo. E sono contento perché per la prima volta (almeno in televisione) mi capita di dirigere una serie che ha già conquistato un vasto pubblico. Così mi metto al lavoro con maggior serenità e, durante la preparazione, collaboro con persone già molto esperte della serie, primi fra tutti gli sceneggiatori che, rivedendo insieme con me il primo Restauratore, cercano di apportare alle 16 (sedici) storie di cui si compone il “romanzone” di otto serate per Rai1 tutte quelle migliorie che, ovviamente, col senno di poi, vengono in mente più facilmente. Ma subito mi affretto ad ammettere che il “facilmente” è un termine assai impreciso, addirittura superficiale.
Ma restiamo a quel che mi compete, la regia. Si dice che per fare un buon film ci vogliono tre cose: una buona sceneggiatura, una buona sceneggiatura e una buona sceneggiatura. È un vecchio paradosso che mi piaceva sventolare in giro quando facevo soltanto lo sceneggiatore. No, oggi non sono più d’accordo. Servono tante cose, davvero tante. Servono i soldi. Serve un produttore (in questo caso due) che sappia spenderli bene. Un regista (o due) e una buona troupe. E tante altre cose. Ma, soprattutto, servono gli attori. E che siano bravi. Che siano, come diceva quello, azzeccati al ruolo che interpretano. E io me li sono trovati già “azzeccati” dalla prima serie. Non l’ho inventato io Lando Buzzanca, un grande attore, grandissimo nel ruolo di Basilio. E nemmeno Paolo Calabresi e Beatrice Fazi, rispettivamente nei ruoli di Arturo e Dora. Così come ho ereditato Marco Falagusta e Claudio Castrogiovanni, i due poliziotti. Ma allora cosa avrei fatto io? Neanche posso vantarmi per aver proposto la bella e bravissima Anna Safroncik. E poi tutti gli altri che sono tanti, e tutti bravi, dal meno conosciuto, al più famoso.
Ecco, sì, questo merito me lo prendo: sono un regista che ama gli attori. E loro lo sentono, e forse ti danno qualcosa in più. E io gli sono grato. E per questo sono grato a Lando Buzzanca che, con l’esperienza che ha, potrebbe benissimo fare a meno delle mie indicazioni. E invece anche lui, come tutti gli altri, dal primo all’ultimo, mi hanno dato il piacere e la grande soddisfazione di ottenere, un po’ qui e un po’ là, quel famoso “qualcosa in più”. È una cosa magica, indefinibile, a volte anche raffinata, che personalmente, perdonatemi la chiarezza, mi manda in estasi e fa sì che continui ad amare il mio lavoro.
Enrico Oldoini