Note di regia di "Largo Baracche"
I Quartieri Spagnoli sono situati nel cuore di Napoli, eppure sembrano lontani anni luce dal centro storico. Proprio come Scampia, la Zona Nord, la Sanità e tutte quelle aree che vivono il fenomeno della cosiddetta ”emarginazione” – parola oramai abusata, che sembra quasi svuotata di significato a furia di sentirla ripetere. Eppure un significato forte ce l’ha, ce l’ha per chi vive in prima persona la follia quotidiana di non sentirsi come gli altri, di portare un marchio sulla pelle, dato dalla sola provenienza geografica all’interno addirittura della stessa città. Sono nato oltre quarant’anni fa in un quartiere che una volta era campagna e dove ora c’è la metropolitana che tutti possono prendere tutti – malgrado le manifestazioni di alcuni comitati dei quartieri “bene” che chiedevano la limitazione del diritto di circolazione per gli abitanti della periferia. Le ho vissute sulla mia pelle le disparità di trattamento, solo perché il mio italiano portava con sé un accento più marcato, e le rivedo oggi, negli occhi dei ragazzi che sto intervistando – essenza del lavoro che voglio proporre. Non è facile essere accettati dalla società, infatti, se la galera è stata parte integrante della tua vita.
Mariano, Carmine, Giovanni e gli altri hanno gli stessi sogni dei loro coetanei, o forse anche più semplici, vorrebbero lavorare, crearsi una famiglia da portare al mare l’estate e fare due chiacchiere la sera con gli amici. Ma nei Quartieri, dove il tempo delle volte sembra fermarsi, non è facile costruirsi un futuro e realizzare i propri sogni. Lo sanno bene anche quelle signore che popolano le strade insieme ai giovani protagonisti e che parlano ogni giorno delle stesse cose, terrorizzate per il futuro dei loro ragazzi, per la strada che sceglieranno o che saranno costretti a scegliere. Un bivio, che quando si ha la fortuna di incontrarlo, si divide fra la difficilissima ricerca di un lavoro onesto e l’atrocità della strada.
Gaetano Di Vaio