AMOREODIO - Quella noia che porta alla violenza
"
Amoreodio", esordio di
Cristian Scardigno, è stato presentato per la prima volta al "Festival des Films du Monde de Montréal" nell’agosto 2013. Ad ottobre riceveva al Festival di Annecy il Premio per la migliore interpretazione femminile attribuito a Francesca Ferrazzo. Un anno dopo, la caparbietà della squadra produttiva all’origine del film ha permesso che "Amoreodio" vedesse la luce delle sale grazie ad un’auto-distribuzione.
Ci voleva coraggio per distribuire il film in sala, quello che troppo spesso manca al settore, così come ci voleva una certa dose d’incoscienza per decidere di esordire con un tale soggetto.
Cristian Scardigno ha osato e ha vinto la scommessa. Autore anche della sceneggiatura, si è ampiamente ispirato ai fatti di Novi Ligure del 2001 per tratteggiare il duplice omicidio di una madre e del figlio per mano della propria figlia e sorella maggiore, aiutata dal suo ragazzo. Così come le indagini dei carabinieri e le reazioni della giovanissima ma spregiudicata coppia, di 16 e 17 anni, dopo l’agghiacciante delitto devono molto agli atti processuali di Novi Ligure.
Tuttavia, i meriti di quest’opera non sono solo da ricondurre ad una ricostruzione esemplare degli eventi narrati dal momento in cui inizia la fatidica giornata. Scardigno si riappropria di questo fatto di cronaca, allora fin troppo mediatizzato, per lanciare un grido d’allarme sulla gioventù degli anni 2000, sul mondo adolescenziale di oggi. I primi 50 minuti del film pedinano Katia e il suo fidanzatino Andrea, completamente plagiato dalla ragazza, ritraendoli nei loro momenti d’intimità, di deriva esistenziale. Ma "
Amoreodio" ha anche l’onestà di seguire Katia nel suo ambiente familiare e, nel sottolineare le difficoltà di comunicazione con i suoi genitori che portano spesso a furiose litigate, non tralascia i goffi tentativi di quest’ultimi per capire la loro figlia e avvicinarsi a lei.
Grazie ad una regia attenta nel cogliere ogni residuo d’umanità nei personaggi e, in quel mentre, dover assistere impotente al crescere del loro spaventoso scollamento dalla realtà, lo spettatore viene messo in una posizione scomoda ma ineccepibile sul piano etico. I due giovani attori,
Francesca Ferrazzo e
Michele Degirolamo, confrontati a dei ruoli che richiederebbero una ben più lunga esperienza, si rivelano “semplicemente” verosimili in ogni movimento del viso e in ogni sfumatura d’intonazione dei loro ottimi dialoghi.
Fra "I Pavoni" di Luciano Manuzzi e "Sole negli occhi" di Andrea Porporati,
Cristian Scardigno propone la sua discesa agli inferi della mente disumana, specchio del vuoto che assilla una certa gioventù benestante nelle nostre province. La convinzione di non aver fatto niente delle proprie giornate perché non c’era niente da fare e, nel contempo, il sogno di fare qualcosa d’importante, di lasciare traccia di se. Nel vuoto delle proprie esistenze, la proposta di compiere un atto insensato viene taciuta grazie ad un ellissi. La musica prova ad alleviare con poche note, di piano ma non solo, l’indicibile dolore. Tutto inutile.
02/10/2014, 08:28
Alain Bichon