Note di regia del documentario "La Fabbrica del Sogno - Gamma Film"
Stefano si muove negli spazi della memoria di un'intero secolo di industria: è una sagoma minuta che si aggira nella pancia di una balena di 3500 m3, rivestita da superfici grigie e bianche che risplendono alla prepotente luce zenitale che piove dal soffitto. Lo avviciniamo a poco a poco, incuriositi dalle sue azioni, dalla sua opera che scandisce le sue lunghe giornate. Lo conosciamo attraverso il suo lavoro, che ne definisce nettamente il carattere: pacato, estremamente paziente, accurato. È una vita particolarmente solitaria, che condivide con pochissime persone e neanche troppo spesso. Eppure il Musil che abbiamo voluto raccontare è un posto che parla, in ogni suo punto, in ogni oggetto stipato con cura negli scaffali al piano terra, in ogni scatola di bobine e rodovetri nell'archivio del piano rialzato. Tutti questi oggetti, con i loro bagliori, la loro immobilità e i segni del tempo lasciati sulle loro superfici, sono istantanee del loro tempo, come per noi sono le testimonianze delle api operaie della Gamma film e le voci dei commentatori dell'epoca in cui questa casa di produzione è nata, fiorita e si è arrestata. La colonna sonora originale prende ispirazione dal jazz anni 60/70, una musica d'oltreoceano che però trasuda della stessa genialità dei caroselli. Come la memoria, tema e filtro di questo documentario, il montaggio si snoda in un continuo dialogo tra le loro interviste e il materiale di repertorio: ogni particolare diventa il pretesto per un nuovo ragionamento, per un'immagine, uno spezzone di carosello. I caroselli della Gamma, nell'insieme delle tante voci interpellate, assumono il tono più ironico e smaliziato: meglio di quanto ce lo possano raccontare loro stessi, ci raccontano l'immaginario dei disegnatori, dell'aria che respiravano nell'azienda, dell'ottimismo che aleggiava nella loro Italia.
Roberta Borgonovo