Note di sceneggiatura del film TV "La Bella e la Bestia"
Riadattare una favola celebre come “La Bella e la Bestia” per il piccolo schermo pone una serie di interrogativi di non facile soluzione. Come inventare qualcosa di nuovo pur senza deludere chi conosce a memoria la versione classica? Come parlare dell’oggi e all’oggi, arrivando a tutti e preservando l’aura di un passato da favola, ma distinguendosi dagli adattamenti precedenti, nel nostro caso anche “definitivi” come quelli di Jean Cocteau o di Walt Disney?
Trovare delle risposte non è stato facile e ha comportato un lavoro molto lungo di elaborazione e di discussione, portato avanti insieme ai colleghi Elena Bucaccio, Mario Ruggeri e Francesco Arlanch. L’idea di fondo che sin da subito ci ha animato era quella di non puntare sulla mostruosità fisica del personaggio della Bestia – e quindi sul trucco, sull’effetto speciale - come i nostri illustri predecessori avevano fatto, ma di giocare invece sulla mostruosità psicologica e morale.
La Bestia ha assunto così i connotati di un principe bellissimo, dal volto solo parzialmente deturpato, ma dall’animo incancrenito; un uomo che odia le donne, che ama umiliarle e manipolarle, che seduce per distruggere; un essere cinico e crudele che deride i sentimenti e ogni spinta ideale perché ha deciso di soffocarli perfino dentro sé, e che per questo si diverte a dimostrare – anche solo per il gusto di vincere una scommessa – come nessuno sia impermeabile al male e al vizio. Un antieroe che trova il suo naturale antagonista nell’eroina della favola, la coraggiosa e altruista Bella, non meno di quanto lei trovi un’antagonista in lui.
Un personaggio così lucidamente sadico come il nostro Principe si è trovato naturalmente a suo agio nel 1700, secolo di dongiovanni e libertini, non a caso il periodo in cui furono scritte sia la versione originale della fiaba – quella di Gabrielle Suzanne de Villeneuve – sia il suo più popolare adattamento, ad opera di Jeanne-Maria Leprince de Beaumont. Siamo riusciti così – o almeno ci abbiamo provato - a preservare la magica aura di un passato di cappa e spada, di castelli e boschi, di trine e merletti, e al tempo stesso a tirare fuori gli elementi più moderni e anche espliciti della favola.
Speriamo con la nostra versione di aver aggiunto un tassello in più alla ricca tradizione di questa favola, che non smetterà crediamo di interrogarci, turbarci e affascinarci; e di ispirare nuovi adattamenti e riletture.
Lea Tafuri20/12/2014, 15:19