NOMI E COGNOMI - L'idea confusa del giornalismo
Di tutto rispetto le motivazione, un po' meno la sceneggiatura e la messa in scena. Nomi e Cognomi parte dal giustissimo tema dell'indipendenza dei giornalisti e chiedendosi solo dopo parecchi minuti in che modo si più essere davvero indipendenti, finisce per inciampare malamente in una serie di leggerezze, dovute forse alla scarsa conoscenza della materia, che minano dalle fondamenta questo film diretto da
Sebastiano Rizzo.
Camilla Cuparo, drammaturga, regista teatrale, cantautrice, pittrice, pianista e
sceneggiatrice, immagina e scrive per il suo film un mondo del giornalismo inesistente, utilizzando le evidenti carenze di conoscenza per portare avanti la storia.
Il direttore del giornale locale di una cittadina del sud, interpretato con professionalità da
Enrico Lo Verso, è alle prese con la malavita locale perché gli articoli del suo giornale "denunciano" il malaffare più dell'accettabile. E il suo editore è proprio tra i mafiosi colpiti dagli articoli.
Deve essere chiaro che un direttore è scelto dall'editore su una precisa linea editoriale (si chiama così e non linea direttoriale perché sia chiaro chi la decide) se il direttore scelto non rispetta questa linea e il volere della proprietà, viene meno a un vincolo di fiducia e, come spesso accade, viene immediatamente sostituito senza alcun tipo di ricaduta legale e senza doverlo minacciare o peggio.
Se l'editore è uno dei membri della mafia è evidente che la prima cosa che questi farà, sarà scegliere qualcuno abilissimo a ignorare il malaffare cittadino amante e sostenitore dello sport, della cultura e della cronaca nera. In "
Nomi e Cognomi" invece è come se
Totò Riina avesse scelto
Giuseppe Fava per dirigere il giornale di Palermo per poi "arrabbiarsi" se questi scrive male della mafia.
Su questo errore di base, per l'evidente, scarsa conoscenza dell'argomento (ops, anche nel film di ieri c'era lo stesso problema...) il film procede zoppicando fino al più probabile dei finali, confermando momento dopo momento che l'autrice della sceneggiatura non ha mai visto la redazione di un giornale. Tra retorica e sentito dire, redattori, familiari, poliziotti e nemici si muovono esattamente come in un film alimentando azioni, reazioni e dinamiche incongruenti, improbabili e soprattutto viste e riviste.
05/05/2015, 17:51
Stefano Amadio