Intervista (e omaggio) al regista Prospero Bentivenga


Intervista (e omaggio) al regista Prospero Bentivenga
Nel cinema (e nelle arti) non c’è una cronologia definita (o definitiva), se è vero che la creatività rappresenta uno spazio atemporale, l’immaginario visivo un orizzonte non asservito alla carta d’identità. Ma se entrano in gioco l’esperienza, gli anni di lavoro, il numero delle opere realizzate, allora bisogna riconoscere in Prospero Bentivenga, cineasta di Castelsaraceno (ma ha sempre lavorato tra Torino, Milano e Napoli), il decano degli autori lucani.

Il suo cinema negli anni è andato approcciando ora uno stilema documentaristico ora di fiction, ma entrambi i percorsi non traducono solo storie, si spingono ben oltre la soglia narrativa, definendo il quadro di una visionarietà che è pensiero. A Bentivenga la comunità di Castelsaraceno, per i suoi primi venticinque anni da autore gli dedica un omaggio.

Questo pomeriggio (sala del Consiglio Comunale, ore 18.00), nell’ambito degli appuntamenti del “Salotto letterario”, verranno proiettate sequenze di tutta la sua filmografia: da “L’a’ndenna” (1990), documentario sul secolare rito arboreo castellano presentato a Parigi e al Festival di Venezia e non si capisce perché non viene mai inserito nell’elenco dei film girati in Basilicata, alle riprese de “Iliade”(2009), spettacolo teatrale con Carmen Luongo e che vide per la prima volta sulla scena il regista Mimmo Calopresti.

Questa iniziativa è il giusto omaggio ai tuoi 25 anni di cinema?

Più che un omaggio è per rispondere positivamente all’appello di Teresa Armenti, infaticabile letterata e volontaria della cultura, il suo impegno è intricante nel pungolare e stimolare la mente e il cuore dei “casteddani” troppo presi dai bagordi estivi. Ai venticinque da regista si debbono aggiungere altri cinque anni di montaggio, produzione e fotografia. Un bel viaggio, spero possa continuare in futuro, ma attraversando acque meno agitate.

Con tua moglie, l'attrice Carmen Luongo, quanti film hai girato in questi anni e a quali ti senti più legato?

Abbiamo scritto e girato molti lavori assieme. Carmen è un’attrice versatile con un prezioso spirito comico. Mi entusiasma ripensare alle riprese di “Prima…” (1993), con pochi soldi e tanto fervore percorremmo con i camper e l’intera troupe l’Italia, da sud a nord lungo le statali. “Prima…” si può definirlo un film antesignano che ha anticipato sullo schermo la questione dei rifiuti e della tutela dell’ambiente

Ti definisci più un documentarista o un regista di fiction?

Il documentario alimenta la fiction. L’indagine rigorosa per documentare la realtà è un lato della medaglia, spesso più folle della fantasia. Ci è successo di verificare sul campo ciò che avevamo scritto a tavolino, spesso la realtà superava l’immaginazione.

So che sei impegnato nella scrittura di un nuovo progetto, ma ci sono intoppi legati al finanziamento e alla burocrazia...

La burocrazia, oltre ad essere un mostro a più teste, è uno dei principali problemi italiani. Devo dire però che in questo caso è un’eccezione perché sia la dirigente regionale della cultura in Basilicata che la sua collaboratrice sono attente e precise. E’ la mancanza di volontà di qualche amministratore locale, poco avvezzo al cinema, a creare problemi.
Si utilizza l’arte per fare guerre personali di carriera camuffate da scelte politiche.

Come ti collochi oggi dentro il "cinema lucano"?

Non giro in Basilicata dal 1990, ai tempi ero l’unico in questa regione. Devo ringraziare Nicola Timpone, se oggi si stanno creando le condizioni per poter ritornare a lavorare nei luoghi della mia regione .

Oggi qual è il problema di cui maggiormente soffre il cinema italiano?

La mancanza di raccordi e canali fra i vari settori. La responsabilità principale riguarda produttori, distributori ed emittenti tv. Non cercano, non sono aperti all’innovazione. Vogliono andare a colpo sicuro e rischiano di desertificare il terreno dove essi stessi vivono.

Il cinema italiano ha bisogno oggi più di storie o di svolte legate alla forma e alla sintassi?

La forma è già cambiata grazie alla rivoluzione tecnologica con il passaggio al digitale. Le storie ci sono, ma quest’orto non fiorisce senza acqua.

22/08/2015, 14:16

Mimmo Mastrangelo