VENEZIA 72 - "Viva la Sposa" in Giornate degli Autori
È asciutto, vitreo, senza un grammo di poesia il film di
Ascanio Celestini. Mostra un'umanità vera, di quella periferia romana che è la periferia di ogni città del mondo. Se in "
La Pecora nera", Celestini raccontava una Roma marginale legata alla terra, qui si introduce in una serie di realtà dure e metropolitane, tra depositi abbandonati, officine, baretti con le insegne al neon.
La visione è quella giusta, cruda e senza sentimenti (o forse ricchissima di sentimenti) ma il regista sceglie di rimanere distante e di raccontarla col sorriso e la rassegnazione tipica della romanità. Una scelta che pregiudica però l'efficacia della trasmissione delle sensazioni e l'empatia con i personaggi e le vicende. L'umanità è piccola ma proprio questa dimensione limitata, se raccontata nel modo giusto, può smuovere le emozioni e dar vita a un grande racconto e a personaggi immortali.
Quello che manca a "
Viva la Sposa" è la poesia, la stessa ad esempio con cui Pasolini racconta il Tiburtino terzo o Bukowsky scrive di se stesso alle prese con la vita, le donne e la bottiglia. Forse per non essere troppo teatrale, o eccessivamente monologante, Celestini riduce tutto ad una semplicità assoluta, eliminando i drammi o meglio lasciando che lo spettatore li individui senza alcun suggerimento (musicale ad esempio). E come se dicesse, ecco questa è la periferia, ora la poesia la metta a suo piacimento lo spettatore. Il problema è che ogni inquadratura potrebbe essere ricchissima di drammaticità, ogni personaggio potrebbe trasmettere decine di sensazioni, ogni vicenda potrebbe portare in qualche nuovo coinvolgente evento, ma non lo fa.
Da evidenziare l'interpretazione del bravo
Francesco De Miranda il giovanissimo figlio adottivo, e forse naturale, del protagonista Nicola interpretato da
Ascanio Celestini.
06/09/2015, 11:45
Stefano Amadio