Note di regia di "Lepanto - O Ultimo Cangaceiro"
Dell’identità del film si discute nei caffè, negli studi e negli appartamenti tra l’Europa e il Brasile. Si parla dell’importanza del commento musicale- che al momento è diventato quasi diegetico, ovvero interno al film- e di come i personaggi e le storie prendano il sopravvento sulla scrittura, trasformandosi nelle varie fasi di lavorazione.
Lepanto è la storia dell'amicizia che lega Enrico, regista italiano, e Michael, marinaio inglese, esploratori del mondo. Obiettivo comune è completare un film documentario sui mondiali di calcio, sull'invasione perpetua del grande evento. Un film che parla dell’emergenza abitativa, esperienza che Mike ha vissuto sulla propria pelle, avendo perduto la casa di Clay’s Lane - Stratford, nel 2007, demolita per fare spazio al nuovo stadio olimpico di Londra.
Enrico va in Brasile per indagare sui mondiali di calcio e le future olimpiadi di Rio de Janeiro - 2016, per trovare la conferma di un processo globale ripetuto. Porta con sé una piccola camera a nastro dei tempi dell’università, un microfono, e una cinepresa Bolex 16mm prestata da un caro amico. Al suo ritorno si reca a Londra, dove propone a Mike di venire in Italia, per registrare la voce narrante del documentario, che rappresenta la sua battaglia personale nei confronti di un complesso fenomeno globale che coinvolge l’umanità.
L’intera operazione filmica si poggia sull’immaginario letterario condiviso dal regista con lo sceneggiatore.
Si parte dal celebre testo di Cervantes, che compare nel film in vari punti, anche in una edizione illustrata pubblicata da J.M. Dent & Sons Ltd in lingua inglese nel 1919, trovata fortunosamente in un mercato di Islington Angel, Londra. Il tema della quest cavalleresca si combina con la Divina Commedia e l’esplorazione degli inferi danteschi, attraverso l’ambientazione negli spazi sotterranei straordinari dei Bagni di Mario, misterioso monumento alla idraulica civile, capolavoro architettonico unico nel suo genere ed esempio dell’eleganza del suo autore.
Un’altra colonna portante delle suggestioni del film è certamente Il Deserto dei Tartari. Il sentimento di attesa, trasferito dallo spazio infinito del deserto a quello altrettanto incommensurabile della dimensione oceanica. In Lepanto, l’oceano diventa il nostro personale deserto dei Tartari, da cui un avversario ambiguo potrebbe giungere da un momento all’altro. La baia di Guanabara con le sue mille chiatte e petroliere, o la canicola dell’inverno australe brasiliano riflettono miraggi come cristalli di una landa dell’Asia Centrale.
Non soltanto una visione globale, ma il tentativo, attraversando le epoche, di far convergere nella narrazione del film sentimenti lontani, che si incontrano qui, in un luogo nuovo, uno spazio narrativo ricreato e autosufficiente.
Forse il lancio più audace resta quello contenuto nel titolo. La Battaglia di Lepanto, evento cruciale nella storia moderna, ma anche marginale se considerato nello sviluppo planetario, essendo avvenuta nel pieno delle esplorazioni americane alla fine del XVI secolo, diventa per noi allegoria di un conflitto tra il modello capitalistico avanzato proposto dal grande evento con la resistenza abitativa delle popolazioni che subiscono le trasformazioni urbane legate alla costruzione di enormi infrastrutture necessarie agli Stadi.
«Sport is war minus the shooting», è la citazione orwelliana che viene applicata in maniera sempre più specifica, che ritorna dopo il primo capitolo della trilogia: The Golden Temple – The Ultimate Odyssey into Desperate Capitalism. Il carattere distopico latente dell’opera di Orwell viene trasmesso dalla voce di Michael J. Wells, che porta con sé non solo il lato politico e marxianamente critico nei confronti della contemporaneità, ma anche un evidente humour tipicamente British, che potrebbe ricordare, anche strutturalmente rispetto alla narrazione, Jerome K. Jerome di Three men on a boat. Shakespeare avrebbe commentato brevemente: That’s the humour of it.
La battaglia di Lepanto potrebbe aver avuto luogo da qualche parte al largo delle coste greche; nello spazio cosmico intorno a Giove, per il controllo della Luna; o nella Baia di Guanabara tra Niteroi e Rio de Janeiro; o forse, ancora, nell’appartamento di Maria a Newington Green, Londra, come lotta universale di resistenza.
Il vero lancio paradossale e acrobatico da un punto di vista storico, ma più evidente secondo un pensiero fenomenologico, è sicuramente l’accostamento di Cipro alla Luna. Tanto Cipro era oggetto dello scontro tra Turchi e Veneziani, quanto la conquista della Luna rappresentava l’idolo da possedere nel conflitto tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda.
Il film è stato montato nel centro storico di Ferrara, nel corso del 2014. Ma durante l’autunno ci sono state delle grandi modifiche non tanto alla struttura originaria, quanto all’aspetto identitario del film. Il montaggio è stato trasferito a Berlino: nuove referenze a Salgari e Stevenson, alla cultura dei pirati, così come alla mitologia moderna descritta da Guimarães Rosa nell’opera maestosa del Grande Sertão, sono divenute più forti nella cultura del film. Michael J. Wells come pirata, cowboy di un Sertão ricreato nelle paludi del Delta del Po, un luogo metafisico ideale dove ambientare la metamorfosi in Cangaceiro.
Procede così il lavoro magmatico per consolidare la struttura identitaria del racconto e durante la più recente fase di montaggio, si sviluppano discussioni sul ruolo di Marie come Antonio das Mortes, secondo l’epica moderna brasiliana, ed Enrico nelle vesti di Mephistopheles, secondo l’ispirazione tedesca, che ha dato al film una nuova anima e un nuovo coraggio. Le referenze letterarie, sono dunque cambiate e cresciute, sono diventate globali, anche loro hanno subito una metamorfosi. Così, La pedagogia degli oppressi di Paulo Freire e Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer si sono uniti a Dante e Guimarães Rosa.
Il film ha raggiunto la struttura dei tre atti: Prologo - Maria in Italia - Trascendenza. E’ una storia che affronta il tema della morte e la scavalca, discendendo negli Inferi e poi tornando sulla Terra in una dimensione alienata e metafisica.
L’opera parla della liberazione della voce, della capacità di fuggire dal dolore attraverso la fantasia. Per questo, Lepanto è un film-fiaba. Perché tutto questo dolore, Mike, Marie ed Enrico lo incontreranno comunque. Ciò non toglie il lancio iperbolico di Michael come ultimo Cangaceiro, un combattimento senza armi, ma a colpi di fantasia, di cadute letterarie e détournements planetari. Un film che appartiene alla sua epoca di conflitto e perciò combatte internamente, per arrivare alla trascendenza.
Forse soltanto il testo della canzone finale del compositore Cartola completerà il quadro, la panoramica aerea maestosa di un paese che esiste da qualche parte tra l’Italia, Londra e il Brasile o probabilmente solo nella nostra immaginazione.
Enrico Masi