Note di regia de "Il Ghetto di Venezia. 500 Anni di Vita"
Conosco il ghetto di Venezia da sempre, da prima del suo restauro, così come appariva in film preziosi come Senso di Visconti. Da sempre percepivo, istintivamente, la sua unicità… Il ghetto è una piccola “isola” ancora misconosciuta dal turismo di massa, il fiume dei turisti la sfiora solo lateralmente, lungo la strada nuova. Il ghetto, nella sua apparente semplicità, quasi dimessa, ci racconta una storia unica, ci racconta lo straordinario coabitare di gente da sempre errante, proveniente da tutti i punti cardinali. Francesi, tedeschi, spagnoli, portoghesi, turchi, per legge e per necessità, ad un certo punto della storia, si sono insediati nel ghetto e lì si sono sposati, hanno fatto figli, imparando a convivere, a stretto contatto, gomito a gomito. Non ci interessa quindi spingere la storia sui binari di un’interpretazione agiografica della comunità ebraica di Venezia, ci appassiona invece la speciale relazione “laica” e sostanzialmente “aperta“ che Venezia e gli ebrei seppero costruire sulla base di reciproci interessi e specifiche capacità. E’ un viaggio che riguarda tutti noi, perché è parte importante della nostra Storia, è un viaggio che ci stimola a capire quale strada intraprendere perché ogni etnia ed ogni popolo, possano e debbano, nel rispetto degli altri, integrarsi e prendere parte alla vita di un paese. Riflettere sulla storia del primo ghetto d’Europa ci stimola a riflessioni che guardano oltre, non risposte, certamente, ma riflessioni importanti, come quelle espresse da Amos Luzzato, che è stato a lungo Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, uomo d’ indiscussa saggezza e umanità. Amos Luzzatto ci ha ricordato che non c’è pace finché non c’è rispetto dell’identità dell’altro, finché non viene compiuto uno sforzo per comprendere le sue necessità. Lorenzo, ritornando a casa, porterà con se queste riflessioni che forse lo aiuteranno a crescere.
Emanuela Giordano