VIaEmili@DocFest 2015 - "Sbagliate" incontro con le registe
Un incontro interessante che suscita dibattito. La platea piena del
Teatro dei Segni, palcoscenico e schermo del
ViaEmili@docfest 2015, è attentissima durante la proiezione e si immedesima subito con le
attrici sullo schermo ma anche con gli altri personaggi delle storie, solo narrati dalle interpreti come parte della memoria delle loro vite.
Alla fine del film Daria Menozzi ed Elisabetta Pandimiglio, introdotte e moderate da Gabriella Gallozzi, ci raccontano la genesi di "Sbagliate".
"È un film su delle donne che parlano tra loro su un tema che le tocca e tocca tante donne della nostra generazione. Ci sono tante protagoniste del film e le ringrazio tutte per la disponibilità a parlare pubblicamente di un argomento così personale e delicato. Abbiamo cercato di parlarne in modo discreto e generoso ma loro ci hanno dato molto di più".
Comincia così Elisabetta Pandimiglio, ringraziando le interpreti, ospiti del documentario.
Elisabetta, come nasce l'idea di "Sbagliate"?
"Una storia lunga. Iniziai a pensare di fare un film su questo tema, oltre 10 anni fa. La verità è che l'idea di fare questo film è nata da un fatto personale. Era un momento della mia vita dove l'interrogativo "figli" mi veniva posto in maniera pressante. All’inizio scrissi anche un soggetto di finzione. Feci altri lavori. Passò del tempo. Quando io e Daria diventammo amiche, lei mi sembrò la persona giusta con cui condividere un film su questo tema. Daria accettò subito con entusiasmo. All’inizio non avevamo le idee chiare su come procedere: abbiamo scritto molto, facendo vari tentativi ma senza riuscire a trovare una produzione malgrado un soggetto e un progetto articolato. Incontravamo una certa diffidenza. Mi ricordo che Daria mi regalò un libro sul "perché non abbiamo fatto figli". Interviste sul tema. In realtà alla fine, il lavoro ha preso un’altra direzione perché sono state loro, le protagoniste con le loro storie, a creare la struttura del film .
Come avete cominciato la fare di realizzazione?
"Una domenica , Daria era con delle sue amiche. Ha provato ad accendere la telecamera mentre facevano la pasta in casa e conversavano. Fu determinante perché servì a capire che la voglia di parlare c’era! Abbiamo realizzato così che mettere insieme dei gruppi di donne e dar loro la parola era la strada giusta. Ogni volta che rivedo il film capisco come le cose siano in continuo mutamento. Oggi sarebbe interessante anche aprire un dibattito anche con chi i figli li ha avuti".
"Quando lavoravamo insieme a Roma, - aggiunge Daria Menozzi - Elisabetta e io facevamo lunghe camminate al Parco della Caffarella, erano dei momenti di autocoscienza sulla nostra vita . E quando abbiamo deciso di partire, da subito mi piacque l'idea di non fare delle interviste, ma dei confronti di gruppo e filmare le conversazioni; una, due domande e partiva il dialogo come un fiume".
Daria, qual è la sensazione ascoltando se stesse e i racconti delle vostre "ospiti"?
"Ti senti colpevolizzata e non è facile rispondere all'ostilità, e li nasce la voglia di noi registe di rispondere in modo indiretto e creare un percorso con l'evoluzione delle storie che si sono evolute nel corso di 4 - 5 anni. Il grande regalo che ci hanno fatto le attrici del documentario è stato rendersi disponibili ad essere tracciate nel corso della loro vite. Sarebbe bello continuare, senza essere giudicate e rimettere in discussione tutto senza vergognarsi".
"Loro sono donne speciali che si raccontano - dice Elisabetta Pandimiglio . Ma oggi, rispetto alla nostra generazione, Il tema ha allargato i suoi confini: la donna oggi in una società che è cambiata. Una volta non era così, anche se il nostro film è di ricerca e racconta, quindi, storie personali".
Come avete trovato le donne intervistate?
" Sono donne di Modena e Roma, perché noi siamo di queste due città. Chissà come sarebbe andata con delle donne del sud...".
Avete avuto difficoltà a trovare partners per produrre il documentario?
"È stato difficile produrre il film per la natura dell'argomento che a priori ci riservava dei no anche da produttori "aperti" che ci conoscevano e con cui avevamo lavorato. Abbiamo fatto delle riflessioni autocritiche che ci hanno dato la forza di andare avanti anche grazie alla disponibilità delle donne. Insomma niente produttore nel vero senso del termine, ma parecchi aiuti fondamentali, come Altera studio e Annamaria Laracca, sia nella realizzazione sia nella post produzione. A oggi un amico ha tradotto il film in inglese e lo stiamo sottotitolando per farlo girare all'estero".
07/11/2015, 10:28
Stefano Amadio