Note di regia di "Abbraccialo per Me"
Quando due anni fa, mi raccontarono la storia di un ragazzo colpito da disabilità mentale, del suo calvario tra psichiatri e psicofarmaci che gravavano sempre più sul suo fragile fisico, ebbi una forte resistenza a valutare la realizzazione di un film su questa malattia mentale. Non avevo la competenza necessaria per affrontare un tema così delicato, avrei rischiato la superficialità, la presunzione.
Ma riflettendo e ripensando alla storia di questo ragazzo, la mia attenzione si concentrò sulla famiglia e in particolare sulla madre.
Cosa succede in una famiglia quando la disabilità mentale entra nella sua vita? E in particolare, quali difficoltà dovrà affrontare la madre che ha tenuto in grembo, partorito e cresciuto questo figlio che per lei è il più straordinario bambino sulla faccia della terra e che, proprio lui in mezzo a tanti, nell’adolescenza, viene colpito dal disagio mentale?
Mi sono venute in mente due considerazioni sull’amore materno e sul rapporto madre figlio. La prima della scrittrice e filosofa Elisabeth Badinter “L’amore materno è soltanto un sentimento umano. E come tutti i sentimenti, è incerto, fragile, imperfetto”. La seconda di Erich Fromm “Il rapporto tra madre e figlio è paradossale e, per un senso, tragico. Richiede il più intenso amore della madre, e tuttavia questo stesso amore deve aiutare il figlio a staccarsi dalla madre e a diventare indipendente”Questa è la storia che mi interessava raccontare. La lotta di una madre per difendere il proprio figlio contro tutti e tutto e dare con questo film una speranza, “un fascio di luce per chi vive nel buio”.
Non ho cercato né avuto consulenze specialistiche. I miei riferimenti sono stati il ragazzo e la madre che hanno ispirato questa storia. Non ho sfruttato la follia per fare commedia Ma neanche esasperazioni o compiacimenti con toni melò. Per raggiungere questo obiettivo servivano attori e collaboratori con grandi qualità, ognuno per il suo ruolo, e soprattutto grande passione e tanto amore per questo difficile progetto. E li ho trovati.
Una grande interprete per dare vita a Caterina (la madre): ed ecco Stefania Rocca, un’attrice straordinaria con cui ho sempre desiderato lavorare. Un ragazzo che sul ruolo di Ciccio (il figlio) suscitasse tenerezza con la sua follia: ed ecco Moisè Curia, un giovane attore, grande rivelazione per il cinema italiano.
La grande interpretazione di Vincenzo Amato per Pietro, il padre severo ma smarrito davanti alla malattia del figlio. La sorella Tania, col viso della dolce e saggia Giulia Bertini. Pino Caruso (il prete). Paolo Sassanelli (il maresciallo). Luigi Di Berti (lo psichiatra). Paola Quattrini (la contessa). Loredana Martinez (la vicina). Alberto Lo Porto (l’uomo nero). Grandi attori italiani che hanno interpretato personaggi minori ma fondamentali. Angelo Pasquini, Maria Carmela Cicinnati, Antonella Giardinieri con la scrittura, hanno dato la “carezza” di cui il film aveva bisogno. Luigi Cecchini (fotografia), Marco Dentici (scenografia), Magda Accolti Gil (costumi), Fabio Frizzi (musica), Jenny Loutfy (montaggio), Ugo Celani (suono p.d.) e una meravigliosa troupe mi hanno accompagnato in questa fantastica avventura di regista e produttore.
Vittorio Sindoni