Note di regia di "Homeward Bound - Sulla Strada di Casa"
Il lavoro di regia è consistito principalmente nel fornire situazioni sulla base delle quali i ragazzi potessero sprigionare la loro creatività e soprattutto rimanessero il più aderenti possibile a sé stessi, al proprio modo di essere e di fare. Si è trattato di indicare dei "binari” e un “canovaccio” per fissare dei limiti perché l'improvvisazione non finisse totalmente fuori tracciato, non producesse infinite variazioni che non consentissero mai una "chiusura".
Le indicazioni per l'”attore” dunque hanno avuto il solo scopo di fornirgli i "binari" di cui abbiamo parlato, cioé dei limiti entro cui muoversi, nella sua interpretazione. Nell’interpretare sé stesso come personaggio di un film, l’attore ha dovuto imparare a contenersi, per non assumere atteggiamenti o caratteristiche che lo avrebbero reso retorico o addirittura ridicolo. Non è stato mai richiesto di accentuare i caratteri, i gesti. L’attore ha improvvisato cercando sempre di assecondare il lato emotivo e emozionale, nel tentativo di limitare i rischi di finire in un realismo triste e retorico. L’attore e il regista hanno dovuto lavorare costantemente, scena per scena, per trovare un equilibrio aggiustandosi e limitandosi a vicenda mano a mano.
Avendo dovuto interpretare sé stessi, gli attori sono sempre rimasti abbastanza neutri così come il personaggio che ne è scaturito. In questo modo forse può risultare più semplice per i diversi spettatori identificarsi con loro.
Non si è mai lavorato su un set vero e proprio. Luci naturali, suono in presa diretta, due fotocamere reflex con ottiche fisse: Le scene sono state spiegate al momento di girare. Si è letto il canovaccio e si messo in scena attraverso prove e riprese contemporaneamente, senza interruzioni.
Si è sempre avuta la sensazione di cercare di cogliere il momento, l’attimo, prima che scomparisse per non fare più ritorno. Per tutti questi motivi, si è lavorato molto su un'interpretazione che prima di tutto fosse incarnata nel fisico e nel volto dell'attore, stando sempre attenti all'andamento delle storie che dovevano risultare sempre coerenti negli avvenimenti principali.
Il regista in questo caso ha aiutato l'attore a comprendere il ruolo e le scene da girare passo passo, attraverso piccole indicazioni e aggiustamenti continui e precisi sui suoi gesti e i suoi toni. Non ci si è mai dilungati a spiegare le scene da un punto di vista troppo psicologico per non confondere i ragazzi nel momento in cui si calavano nella parte da interpretare. Il lavoro si è basato, in fin dei conti, soprattutto sui limiti imposti agli “attori” e al regista stesso”.
Giorgio Cingolani e
Claudio Gaetani