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Note di regia di "Boris Giuliano. Un Poliziotto a Palermo"


Note di regia di
“… Deve dunque ascriversi a ennesimo riconoscimento dell’abilità investigativa di Boris Giuliano, se quanto è emerso, solo adesso, era già stato da lui intuito e inquadrato diversi anni prima… se altri organismi statali avessero assecondato l’intelligente impegno investigativo del Giuliano, probabilmente le strutture organizzative della mafia non sarebbero così enormemente potenziate e molti efferati assassini, compreso quello dello stesso Giuliano, non sarebbero stati consumati”. Paolo Borsellino (Estratto dalla sentenza di rinvio a giudizio del primo maxiprocesso contro la mafia)

Nella mia carriera ho affrontato molte volte il tema della criminalità organizzata, con film quali I giudici, La scorta, Vite strozzate, Il caso Enzo Tortora, L’assalto. Storie d’ingiustizia e di coraggio. Il coraggio di uomini che hanno sfidato a viso aperto il malaffare, sacrificando la loro stessa vita per un’ideale di libertà. Boris Giorgio Giuliano può essere considerato, a buon diritto, il padre di molti di loro e in alcuni casi l’ispiratore. Boris era un poliziotto, un commissario poi diventato capo della Squadra Mobile, che ha sempre svolto il suo lavoro con profonda dignità e rispetto. Un uomo capace di far tremare le fondamenta del sistema mafioso quando i più non osavano neanche pronunciare la parola Mafia. Una storia, la sua, scandita da morti eccellenti come quella del Procuratore Capo Scaglione, di giornalisti coraggiosi come Mauro De Mauro, Mario Francese, Peppino Impastato e molti altri… così tanti che viene difficile ricordarli tutti. Leggendo le cronache di quegli anni si rimane sconcertati dal numero impressionante di vittime innocenti e fatti delittuosi che martoriavano la Sicilia in quell’epoca. Un male talmente radicalizzato da inquinare i piani più alti del sistema mettendo a rischio l’idea stessa di Stato democratico e trasformando la Sicilia in una regione in ostaggio della criminalità organizzata.

Boris Giuliano ha contribuito a liberare la Sicilia dalle sue catene secolari. Con inarrestabile intelligenza, insieme a una squadra di uomini scelti, ha condotto l’attività investigativa a un livello superiore, tanto da attirare l’interesse delle Agenzie investigative americane, che in quegli anni affrontavano lo stesso nemico, Cosa Nostra, che si era radicalizzata anche oltreoceano. La mafia lo poteva fermare solo sparandogli vigliaccamente alle spalle e così ha fatto, ma la porta che Boris aveva aperto sulle attività della criminalità organizzata non si sarebbe mai più richiusa. Boris non solo puntò un riflettore sul “mostro mitologico dalle cento teste” ma riuscì a dimostrare che poteva essere sconfitto. Ci siamo chiesti più volte, durante la scrittura, con Angelo Pasquini e Giovanna Koch, che cosa spingesse un uomo a rischiare tanto, ma soprattutto dove trovasse la forza di andare avanti, nonostante gli orrori che si consumavano intorno a lui. La risposta è semplice. La passione per il suo lavoro, il senso del dovere e la ricerca della verità, insieme all’amore per la sua famiglia e per gli uomini della sua squadra di cui si sentiva fortemente responsabile, erano più forti della paura.

Sergio Giussani, il produttore ha inseguito questo progetto con convinzione ed entusiasmo per molto tempo, trovando una sponda nel Direttore di Rai Fiction Tinny Andreatta, da sempre attenta a promuovere storie che possano restituire alla memoria collettiva le gesta di personaggi come Boris Giuliano: poliziotto, padre e marito esemplare, un vero eroe dei nostri tempi. Un ringraziamento speciale va a Pino Corrias e a Fabrizio Zappi, ma anche a molti di quelli che con Boris hanno condiviso la vita e il lavoro e che ho avuto la fortuna d’incontrare. In primis: sua moglie Maria, una donna, che nonostante fosse più che consapevole dei rischi, ha sempre sostenuto Boris e che per questo ha pagato un prezzo altissimo in termini di dolore, insieme ai suoi tre figli tra cui Alessandro (a sua volta diventato capo della mobile a Milano), il cui operato e i successi professionali avrebbero reso orgoglioso suo padre; Selima e Manuela, che in tenera età hanno dovuto affrontare un dolore tanto più grande di loro e che ci hanno restituito i ricordi più emozionanti.

E poi gli amici e colleghi di Boris: Tonino De Luca che purtroppo ci ha lasciato durante le riprese e a cui abbiamo dedicato l’opera; Paolo Moscarelli, che con Boris ha condiviso il campo di battaglia. Il giornalista Francesco La Licata e il Giudice Italo Ormanni le cui memorie e consulenze sono state fondamentali per riuscire ad orientarsi in un arco narrativo che attraversa più di vent’anni di Storia. Anni per certi versi ancora oscuri e sui quali c’è ancora molto da scoprire. La parte più delicata ma anche emozionante di quest’impresa è stata quella di cercare di dare vita a personaggi realmente esistiti, rispettandone la verità e i sentimenti. Ho avuto il privilegio di lavorare con un cast di attori sensibili e preparati, a cominciare da Adriano Giannini nel ruolo di Boris, Nicole Grimaudo in quello di Maria, Antonio Gerardi che ha dato vita a Bruno Contrada, Ettore Bassi nei panni di De Luca e ancora Francesco Montanari, Luigi Burruano, Lollo Franco, Roberto Pedicini, Nicola Rignanese, Toni Sperandeo, Ivan Castiglione, Bruno Torrisi, Pippo Pattavina, Francesco Benigno, Vanni Fois, Vito Facciolla e molti, molti altri. Per quanto riguarda i miei più stretti collaboratori, voglio ringraziare Marco Pieroni per la fotografia, Lorenzo Peluso per il montaggio, Paolo Vivaldi per le musiche, con i quali avevo già collaborato, ma anche Paola Marchesin per i costumi, Max Sturiale per la scenografia. Grazie anche a Emanuele Giussani e Patrich Giannetti. Un pensiero speciale va alla Sicilia, un luogo che merita rispetto e ammirazione non solo per le sue bellezze ma anche e soprattutto per gli uomini che ha espresso, di cui Boris è uno dei più fulgidi esempi.

Ricky Tognazzi