VITTORIO SGARBI - Tra polemiche e arte
Ho cambiato idea. E questo mi è successo vedendolo in TV al programma Otto e mezzo di qualche tempo fa quando, ad una domanda ovvia, inutilmente scandalistica, (Che cosa ne pensa del padre che ha affermato: meglio avere un figlio assassino che omosessuale), rivoltagli dalla Lilli, invece di scagliarsi contro lei o il personaggio evocato, ha risposto in modo quasi sommesso che certi argomenti non li voleva trattare in un talk show. Rivelando una sensibilità superiore a quella della conduttrice.
E poi ho visto di persona come sa far ridere le donne e come, recentemente, sfodera la sua furente rabbia solo contro i distruttori della bellezza. E per questo la rabbia è sacrosanta.
Ero partita per vedere la sera il monologo su Caravaggio da lui scritto e interpretato, (in replica il 2 maggio), e poi, saputo del film Sgarbistan, che veniva proiettato, lui presente, nel pomeriggio dello stesso giorno, sono andata a vedere anche quello. Il film è stato girato dalla regista milanese Maria Elisabetta Marelli, che ha seguito il Nostro con telecamera in spalla per tre mesi. Considerando che in quel periodo lui ha visitato 42 mostre e 35 chiese, ha rilasciato 73 interviste, è intervenuto in 27 conferenze, ha visionato il materiale di 25 giovani artisti, ha pernottato in 31 alberghi, la possibilità di fare immagini che non diano il mal di mare era men che zero. Fortuna che avviene solo nei primi minuti del film! Non c'è bisogno di un tecnico per capire che immagini mosse oltre un certo limite, lungi dal dare l'idea di un modo di vivere frenetico , producono un pauroso disagio in chi guarda.
Non avrebbe dato ugualmente l'idea con una serie di fotogrammi fitti fitti in dissolvenza, al centro Sgarbi con indosso abiti diversi e circondato da diverse ambientazioni?
Alla presentazione gli domandano come si sentiva ad essere monitorato così stretto e così a lungo. Risponde che gli è stato utile per realizzare quanti discorsi, spontaneamente scaturiti in elaborazioni legate al contesto, siano svaniti perché nessuno aveva pensato a registrare. Le è grato quindi che si sia fatta venire questa idea che gli permette di avere ricordi di un periodo della sua vita.
In questo film sono mostrate solo le immagini di trentasette giorni (e notti) su tre mesi di riprese. La ragione? Le uniche salvate dalla selezione operata dalla regista selezione cui è stata costretta da problemi(scrupoli per Sgarbi) di privacy per le svariate persone che lo seguivano o lo circondavano. Non sapendo prima che le avrebbe filmate, non ha chiesto loro l'autorizzazione a mostrarle in un film. Vittorio non la capisce e se ne dispiace, dato che lui problemi di privacy in questo film dimostra di non averne proprio. Ha condiviso con lo spettatore, ispirandosi forse agli obblighi della Monarchia di qualche secolo fa, perfino qualche secondo di (usiamo una perifrasi regale) espletamento di bisogni corporali!
Il messaggio di questo docu-film? Emerge forte e chiaro che Vittorio Sgarbi è un uomo libero. Quindi Sgarbistan sta per il paese degli uomini liberi? E nasce dalla volontà di trovare questo paese lo spostamento da un capo all'altro dell'Italia cui si sottopone senza risparmiarsi? Dal film si capisce che, di certo, il suo lavoro lo fa per passione. Ad esso sacrifica volentieri i tempi del mangiare e del dormire. La Marelli lo filma addormentato su di un divano, caduto nel sonno dopo una notte di ideazione e dettatura al suo segretario. Dormire parrebbe per Vittorio una sospensione necessaria, ma fatta nella precarietà più assoluta, perché non gli sottragga troppo tempo.
Amo la scena in cui accarezza statue e quadri mentre li osserva. Se nei musei e alle mostre non ci fossero a guardia i custodi, che impediscono la partecipazione tattile alla visione, molti visitatori lo farebbero volentieri, per gustare di più la bellezza.
Dopo il film andiamo a vedere la trasformazione in attore. Di questo monologo su Angelo Merisi detto il Caravaggio, ha scritto il testo e pensato, col visual artist Tommaso Arosio, le immagini che fanno da sfondo alle parole. A sottolineare le ricostruzioni originali che Vittorio fa “leggendo” i quadri del Merisi. la forza delle musiche di Valentino Corvino. La scelta di Caravaggio come protagonista della sua opera teatrale la facciamo spiegare a Sgarbi stesso: Caravaggio viene riscoperto in un'epoca fortemente improntata ai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe. Ogni secolo sceglie i propri artisti. E questo garantisce un'attualizzazione, un'interpretazione di artisti che non sono più del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento ma appartengono al tempo che li capisce, che li interpreta, che li sente contemporanei. Tra questi, nessuno è più vicino a noi, alle nostre paure, ai nostri stupori, alle nostre emozioni, di quanto non sia Caravaggio. Tutto questo è sintetizzato con una frase lapidaria del testo: Caravaggio nasce nel 1951. Data che si riferisce, come già detto, alla sua scoperta fatta da Longhi, nello studiare il seicento veneto.
Lo spettacolo ha una resa scenica molto coinvolgente. Il teatro è pieno. Molti i giovani, venuti per Caravaggio, misterioso e attraente artista bandito(nella duplice accezione di brigante e di costretto a stare lontano e nascosto dopo un delitto). Ma soprattutto venuti per Vittorio, perché profonde la sua grande cultura con parole che la rendono comprensibile e avvincente. Condendo le frasi con notazioni come : Fino ad allora (parla di Longhi), nella storia dell'Arte, sembrava esistessero solo pittori ed architetti toscani. Va da sé che, detta in un teatro fiorentino ad un pubblico toscano, la frase non passa inosservata. Come tante altre, che non sto a riportare perché questo spettacolo va visto. A raccontarlo si sciupa.
Lucia Evangelisti Roster06/06/2015, 09:00