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MONOLITH - Quando l'auto ti protegge, troppo.


Ivan Silvestrini presenta al Trieste Science+Fiction Festival in anteprima italiana, il thriller sci-fi prodotto insieme a Sky, Bonelli editore. Un film italo-americano che è un esperimento di contaminazione tra fumetto e cinema. Con qualche efficace colpo di scena. Girato negli Usa ma pensato e prodotto in Italia, "Monolith" usa le armi della tensione per raccontare l'inadeguatezza di una madre.


MONOLITH - Quando l'auto ti protegge, troppo.
Kathrina Bowden in MONOLITH di Ivan Silvestrini
Cantante pop, bionda e con il q.i. di un bonobo. È lei, Sandra, interpretata da Kathrina Bowden, il motore del film di Ivan Silvestrini presentato in anteprima al Trieste Science+Fiction Festival.

"Monolith", operazione produttiva tra cinema e fumetto pensata e realizzata in Italia e girata negli States, racconta le difficoltà e l'inadeguatezza di una donna a gestire non solo la maternità, ma anche il proprio sistema di vita. Con una serie di banali errori, stupide dimenticanze e reazioni incontrollate, Sandra riesce a chiudere nella sua auto iper tecnologica e a prova di tutto (la Monolith appunto) suo figlio di due anni, il tutto nel bel mezzo del deserto.

La sceneggiatura, tratta dalla graphic novel scritta da Roberto Recchioni e Mauro Uzzeo e in via di pubblicazione con Bonelli Editore, ci propone una serie di indizi che lo spettatore memorizza andando avanti nella storia mentre la protagonista, apparentemente in possesso delle normali facoltà mentali, non ci riesce. E allora la situazione si complica e la domanda che lo spettatore si pone non è, riuscirà la donna a risolvere la situazione, ma, questa c'è o ci fa?

Ma forse è proprio così, quello che un film di tensione ci propone come eccezionale è la norma, gli incidenti accadono per stupidità, la depressione materna scatta dopo una semplice telefonata, la casa brucia per una sigaretta accesa inavvertitamente. E allora, usando questa chiave di lettura, "Monolith" assume un senso diverso, il thriller finisce per essere solo il genere mentre la vera natura del film è quella socio antropologica. Non tutti gli uomini possono fare i padri, non tutte le donne riescono ad essere madri e grazie all'auto avanzatissima di Ivan Silvestrini, Roberto Recchioni e Mauro Uzzeo, la specie umana prova a entrare di nuovo (e di diritto) in quella selezione naturale che dovrebbe far crescere ed evolvere non solo la tecnologia ma anche il genere umano.

06/11/2016, 15:10

Stefano Amadio