Note di regia di "Offline"
Il corto affronta dal punto di vista del contenuto il tema delle relazioni virtuali e la pericolosità insita nella qualità dei rapporti che si vanno ad instaurare online, che sono spesso densi di ambiguità. Questo tema s’intreccia inoltre con la ricerca sull’identità femminile autentica, complessa, scissa tra etica ed istinto, sfera di solito del tutto afferita al sesso maschile. Dal punto di vista della ricerca sul femminile, in questo incontro con l’altro, il personaggio di Aurora spera di trovare il proprio centro e la propria identità che adesso non le appare più così netta. Scissa tra l’appagamento che non riesce a trovare né nella relatività di una passione, che la riporta alla sua adolescenza e quindi ad una condizione di ampia possibilità di scelte alla quale vorrebbe tornare, né nella stabilità di un rapporto e di una famiglia che la rassicurano ma allo stesso tempo la fanno implodere. Tematica che cerco di indagare fino dai tempi del Centro sperimentale, sia attraverso le mie pubblicazioni, che attraverso tutto quello che ho fatto sia come regista che come attrice. Con Offline mi interessava in particolare raccontare la vulnerabilità di un femminile in una fase di passaggio e un maschile nel pieno del suo fervore narcisistico giovanile. Sono due solitudini molto diverse che si incontrano virtualmente andando a incrinare i loro equilibri interiori.
Dal Punto di vista del linguaggio l’obbiettivo primario era studiare la contaminazione di linguaggi diversi (Macchina da presa HD, webcam-gopro e iphone) e la valorizzazione del web come contenitore di nuove storie e della loro possibile diffusione. Esplorare quindi la possibilità di contaminazione tra macchina da presa e nuovi mezzi digitali, tra i quali i più popolari e diffusi in campo di immagine mediatica nella generazione contemporanea.
La molteplicità di linguaggi ricreata dall’uso dei diversi mezzi di comunicazione (webcam, videofonino, chat, telecamere portatili e macchina da presa che abbiamo utilizzato in maniera esplicita) raccontano la frammentazione reale del rapporto tra Aurora e Nicolas, e ho scelto inquadrature che ne mostrassero sempre una parte e non il tutto. Gli unici veri momenti in cui abbiamo un piano sequenza e un totale in cui si vedono i personaggi per intero è quando si incontrano realmente, fisicamente, anche se all’inizio di questa sequenza ho usato la metafora della “teca” per restituire l’idea che non riescano a sentirsi, la non comunicazione. Per tutto il resto del corto non riescono ad avere che una visione frammentata, sia prima che dopo il loro reale contatto.
In particolare dal punto di vista della realtà virtuale mi interessava restituire sia la fluidità dei linguaggi e dei formati nei quali ognuno di noi si sente immerso che la ridondanza della rappresentazione comunicativa, in una bulimia di scambi, registrazioni, comunicazione testuali che sembrano tenerci ossessivamente in connessione mentre in realtà non permettono molto spesso di vedere davvero chi si ha davanti. Tutto diventa un gioco dove è molto facile crearsi un’identità “altra da sé” e la verità resta sempre più “virtuale”.
In questo gioco Nicolas rappresenta la generazione dei “ventenni internauti”, dei nativi digitali, che dovrebbero essere più esperti in materia e che sono cresciuti comunicando primariamente attraverso questo mezzo, mentre Aurora rappresenta la generazione precedente che è entrata in contatto con questo tipo di comunicazione solo in un’età un po’ più matura. Entrambi saranno in realtà in grado di nascondersi dietro una comunicazione, che assume a tratti i connotati della morbosità, e che più che avvicinare allontana dal contatto con la vera identità dell’altro. A non capire chi ha di fronte sarà soprattutto Nicolas che, per contrasto, dovrebbe essere molto più esperto nell’utilizzare questo mezzo ma che, proprio a causa di questa esperienza, lo usa con molta più leggerezza.
Quello che mi interessa nel fare cinema è proporre delle storie che “muovano la testa” alle persone rispetto a certi temi, aprire quindi a delle domande più che dare delle risposte. In questo senso il tema delle “relazione virtuali” mi sembra che abbia l’urgenza di essere portato al centro di una riflessione in materia quanto mai tempestiva, vista anche la negativa frequenza con la quale fatti di cronaca non certo positivi, legati a degenerazioni di relazioni online, popolano i nostri quotidiani.
Il corto è ambientato a Firenze dove tradizione e contemporaneità dialogano, talvolta si scontrano, senza integrarsi realmente mai. Location ideale per raccontare, in maniera quasi “antononiana” e per contrasto, le identità dei due personaggi che presi dalle loro comunicazioni virtuali si trovano nella stessa piazza ma neanche si rendono conto, perché resi autistici dalla loro necessità di essere in contatto telefonico.
L’ultima revisione del corto risente moltissimo: della mia esperienza americana come regista per quanto riguarda ad esempio la drammaturgia cinematografica delle inquadrature che adesso più centrate rispetto alla mia cifra stilistica, volta a trovare un alfabeto cinematografico saturo di significati a partire dalla composizione dell’inquadratura e quanto più possibile scevro da vizi televisivi o teatrali; della nuova collaborazione con lo sceneggiatore (Francesco Cenni- Centro sperimentale di cinematografia) che mi ha permesso di rendere più efficace tutta la storia snellendo e affinandone la struttura ma soprattutto restituendo una rotondità più completa ai personaggi. Non ultimo il lavoro sul personaggio di Nicolas mi ha permesso di umanizzarlo e renderlo più sottile dal punto di vista del narcisismo e dell’attenzione al maschile. Per quanto riguarda il mio personaggio (Aurora) in America ho avuto modo di discuterlo e approfondirlo con sceneggiatori, registi e casting director incontrati lavorando e ho potuto renderlo più complesso superando, già in scrittura, un femminile che risentiva sia della mia esperienza che di una stereotipia del tutto italiana. Le prove con l’altro attore, Domenico Diele, sono state fondamentali a dare al racconto un respiro e uno sguardo nuovo. L’obiettivo che ci eravamo dati entrambi era non giudicare in nessun momento quello che i personaggi stavano realmente provando.
Il corto è destinato a un pubblico di tipo trasversale che abbraccia la generazione degli adolescenti fino alla fascia della maturità, poiché quello delle relazioni mediate dai nuovi mezzi è un tema con il quale ci troviamo a confrontarci giornalmente qualsiasi sia la nostra età, condizione sociale e lavoro.
Il Sound Design, finalizzato con Francesco Vallocchia, la musica composta da Emanuela Bossi e la fotografia, frammentata e quotidiana che abbiamo concordato con Luigi Martinucci, mi hanno aiutato a creare un prodotto nel quale il pubblico si possa riconoscere prima di tutto per empatia con il tipo di linguaggio usato. E anche la mano di Massimo Quaglia al montaggio ha tenuto a essere estremamente delicata per facilitare la fluidità del linguaggio.
Emanuela Mascherini