Note di regia di "It's Fine Anyway"
Dopo aver realizzato il mio nuovo lavoro musicale da solista It's Fine Anyway, uscito il 1 aprile 2016, ho contattato Marcello Saurino perché volevo girare un videoclip per lanciare il disco. È nata subito con lui l'idea di strutturare un progetto più ampio, per dare una forma visiva a tutti gli 11 brani del disco. It's Fine Anyway è dunque un ibrido tra un videoclip e un cortometraggio narrativo, pensato come primo episodio di un lungometraggio. Ogni episodio del film sarà autoconclusivo, ma il loro insieme ci racconterà di un'umanità di perdenti, spesso costretta a nascondere i propri sentimenti e sempre più vicina al fondo. Anche nelle storie successive, infatti, i protagonisti avranno dei lati oscuri che li porteranno a fare delle scelte, da cui scaturiranno delle inevitabili conseguenze. Alla base di tutto c'è un haiku di Matsuo Bashō in cui si parla di una rana che si tuffa, ma quello che rimane è solo il suono dell'acqua. Questo ci riporta ai due elementi fondamentali del film: da un lato l'ineluttabilità dei rapporti di causa ed effetto, dall'altro il richiamo all'acqua, inteso come elemento vitale, ma capace anche di distruggere, spazzare via ogni cosa.
Pivio
Pivio mi ha chiamato per realizzare un videoclip di uno dei suoi brani. Era da tempo che desideravo realizzare qualcosa di più corposo di un semplice video musicale, che come forma iniziava a starmi stretta, ed ho subito capito che questo era il progetto adatto. Cosi, dopo vari ascolti, gli ho esposto una visione in immagini e narrazione del suo album e abbiamo scoperto che aveva molto a che vedere con tutto quello che musicalmente lo aveva portato a realizzare questi brani. E' stato quello a darci la carica. Abbiamo cosi' delineato una narrazione, fatta soprattutto per immagini e sensazioni, che una parte di me definirebbe distopica, ma un'altra definirebbe semplicemente realistica.
Un mondo, una umanità, che scivola velocemente e consapevolmente verso il baratro, verso la fine.
Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio“ faceva dire Kassovitz al suo protagonista all'inizio di La Haine, era il 1995, e il mondo non è cambiato, anzi, ha ulteriormente accelerato la propria caduta, e la percorre con una faccia da ebete stampata in fronte. Ed è proprio di questa caduta, e di questo atterraggio, e di questa faccia da ebete che indossa l'umanità, che vogliamo parlare in questo lavoro.
Una serie di videoclip/corti autoconclusivi legati fra loro in vario modo che vadano a comporre uno spaccato di questa umanità, fino a una possibile nemesi. Una sorta di „America Oggi di Altman ai tempi moderni. Il nostro salto nel vuoto.
Marcello Saurino