Note di regia di "Viaggio a Montevideo"
L’ispirazione era la materia “cinematografica” dei Canti Orfici di Dino Campana, gli strati di tempo che si sovrappongono alla materia musicale degli elementi, l’acqua, la terra, la pietra, il fuoco, in risonanza con le sue visioni di fughe e di erranze (fino alla Pampa argentina o in un ospedale psichiatrico in Belgio).
Una fuga dal mondo, una ricerca del mondo, di un luogo dove avrebbe vissuto. Dino Campana ha scritto nei monti dove tornava. Sono i monti dove sono venuto (tornato?) a vivere qualche anno fa.
Non si trattava di fare un lavoro sui Canti Orfici (d’altronde il film è girato in altre montagne, le Alpi) ma di ispirarsene, come materia cinematografica di approccio ai luoghi, al tempo, alle partenze, ai ritorni. La vita.
Al’inizio il film sono delle foto che prendevo durante sopralluoghi. Delle foto come per capire che stavo li, senza sapere se cercavo qualcosa. Poi l’idea di lavorare su strati di tempo – il tempo immobile dell’immagine fotografica e il flusso del tempo cinematografico: Ho pensato in termini musicali una forma che rendesse conto di un’esperienza. Lavorare sull’eco dele immagini. Sul rumore lontano del mondo. Come un giornale di bordo che diventi una serie di preludi e fughe di reminiscenze – di luoghi dove non ho vissuto ma con l’idea che ci avrei vissuto.
In queste variazioni c’è “l’ombra dell’uomo”, la designazione del cinema in lingiua canaca (della Nuova Caledonia), c’è un albergo abbandonato in fondo ad una valle come in un film d’orrore o di spavento, c’è la notizia della morte di un amico, mio padre in ospedale, i giorni dopo la nascita di mio figlio, le ombre di coloro che fuggono la guerra, la solitudine dei pastori del Rif negli alpeggi delle Alpi, qualcuno che torna, in un cimitero, come un fantasma, una voce in un villaggio abbandonato, lo sguardo tenero e curioso delle mucche, la valle dei ciechi di H.G.Wells dove il cielo è il soffitto di una caverna… In tutti i film ci sono i film che abbiamo visuto, i film che vogliamo fare, tutte le immagini sono abitate da un fantasma, l’ombra dell’uomo appunto…
Quel che mi affascinava nella poesia di Campana, quando la scopersi adolescente, era cge forse non era mai stato a Montevideo o nella Pampa e poco importa – ma che è lì, in piedi, nel treno in corsa sotto le stelle della Pampa. Ogni valle è un luogo ai confino del mondo, lontano dal mondo e al centro del mondo. Ogni valle che si percorre è come se ci si tornasse da un’altra vita. E che ci si avesse vissuto. L’avremmo immaginata. Già vista e mai vista.
Giovanni Cioni