IL PUGILE DEL DUCE - Quando il regime nascose il campione
Il titolo è ingannevole.
Leone Jacovacci non piaceva proprio a
Benito Mussolini e a tutti i fascisti delle origini. Cercavano di ignorarlo perché era innegabile che la sua classe di pugile non poteva che esaltare le folle e accrescere l’orgoglio nazionale. Con il piccolo problema, per loro, che era nero.
Di padre romano e madre congolese, Leone venne a Roma da piccolissimo ai primi del 900 e qui imparò la lingua, il dialetto romanesco e l’arte della boxe. Spirito avventuroso si imbarco con gli inglesi arruolandosi sotto falso nome nella Royal navy dove, dopo poco, mise in mostra le sue qualità pugilistiche.
Scoperte le sue origini italiane, Jacovacci intraprese la strada del pugilato, vincendo in tutta Europa senza esser riconosciuto dalla Federazione Pugilistica del fascismo, che fino al 1928, messa di fronte alla forza innegabile di questo pugile, dovette farlo combattere per il titolo italiano.
È l’incontro, raccontato da un servizio dell’Istituto Luce, a dirla lunga sulla censura esercitata dal regime per evitare che un nero fosse acclamato dalla folla. Di fronte a 40.000 spettatori, allo stadio Nazionale di Roma, Jacovacci vinse il titolo, ma il servizio filmato dell’evento si interrompe prima della lettura del verdetto. Campione sì ma senza che nessuno lo dovesse sapere.
Il documentario di
Tony Saccucci, tratto dal libro "
Nero di Roma" di
Mauro Valeri, apre una finestra sulla condizione razziale dell’Italia fascista, ben prima (un decennio e oltre) delle leggi razziali del 1938.
LeoneJacovacci è un campione italiano che merita di essere riscoperto e il documentario "
Il Pugile del Duce" è un colpo di spugna su un personaggio coperto volontariamente da una coltre di polvere che lo ha nascosto dalle cronache e dalla gloria.
15/03/2017, 09:15
Stefano Amadio