L'ACCABADORA - L'eutanasia tra amore, guerra e storia
Molte sono le figure misteriose che condiscono la storia del Bel Paese, una di queste è la femmina Accabadora della tradizione sarda. Un personaggio tra il mito e la realtà, con il compito di dare la “buona morte”, la moderna eutanasia, per porre fine alle sofferenze dei malati terminali.
Su questa misteriosa, quanto inquietante figura si sviluppa il nuovo film di Enrico Pau: “
L'Accabadora”. Con Donatella Finocchiaro, Barry Ward, Carolina Crescentini, Sara Serraiocco e Anita Kravos, prodotto da Film Kairos e Mammouth films, in collaborazione con Rai Cinema.
Durante gli anni ’40 Cagliari è sotto i costanti bombardamenti degli Alleati. Annetta, una donna sui trentacinque anni, si trasferisce in città alla ricerca della nipote Tecla. È una donna schiva, silenziosa e dallo sguardo malinconico di cui nessuno sa nulla. Durante uno dei bombardamenti Annetta riesce a vedere rapidamente Tecla uscire da una casa di tolleranza. La donna prova a convincere la nipote a seguirla, ma Tecla rifiuta il suo aiuto per via, anche, del suo passato. Annetta, infatti, era "
l’Accabadora", colei che veniva chiamata per porre fine alle sofferenze dei moribondi. Eppure, adesso sta scoprendo una nuova vita, lontana da una tradizione immutabile e conosciuta fin da piccola. Sarà la guerra e i suoi morti a portarla, ancora una volta, a confrontarsi con i fantasmi del passato.
Un film intenso, fatto di immagini, sguardi e profondi silenzi. La luce è usata in maniera magistrale trasmettendo al pubblico quel senso di oscurità palpabile ad ogni passo della protagonista. Ciò che prevale nel film, a dispetto di un primo impatto, non è l’analisi antropologica della misteriosa figura della Femmina Accabadora. I riferimenti a questa donna ci sono, eppure la sua immagine, è un espediente per raccontare l’evoluzione della donna Annetta. Una giovane donna oppressa dai costumi del passato che giunge ad un definitivo punto di rottura tra passato e presente. La morte, che sia per mano della guerra o della natura, sembra non toccarla o scalfirla, ma l’amore per la nipote la porta a rinascere e a scoprire un qualcosa che non aveva mai conosciuto.
Abbandona lo stato di quiete artificiale, creato fin da piccola per sopportare il duro compito di “sopprimere”, per poi scoprire qualcosa di più irrequieto e vivo. La vita artistica tramite la strana Alba e l’amore più profondo con il medico Albert. L’evoluzione di Annetta dal buio, è resa magistralmente da Donatella Finocchiaro, che sprigiona tutta la sua abilità in quei lunghi sguardi magnetici e profondi, ma che trasmettono dentro lo spettatore quel senso di angoscia e dolore che Annetta porta sempre con sé. Poche parole, ma silenzi che non cessano mai di parlare, sono l’arma tagliente del film.
Tanta Sardegna, tanti riferimenti alla sua storia e al suo mondo rurale che cozza con quello moderno. Un film che nonostante i toni antichi porta un messaggio moderno e fa riflettere sull’eutanasia. Un argomento spinoso, che ancora oggi non trova soluzione. Evidentemente, tramite l’Accabadora, la “buona morte” era una realtà già da prima conosciuta, in qualche modo interiorizzato nel mondo contadino, tuttavia oggi difficilmente riusciamo a scogliere l’annoso dubbio del giusto o dello sbagliato.
05/04/2017, 18:39
Alfredo Toriello