VISIONS DU REEL 48 - Perdersi nella "Tarda Estate"
Difficile trovare dei confini di genere in un'opera come "
Tarda Estate", opera prima alla regia di un lungometraggio di
Antonello Scarpelli, calabrese ora residente a Colonia, in Germania, da cui è partito per tornare nel suo paesino natale e girare un film con i suoi amici d'infanzia.
Un film che è - anche, ma non solo - un documentario, perché le vite di Bruno, Massimiliano e Benito (e dei loro genitori) sono vere, e sono sincere le loro "interpretazioni". Ma i tre si muovono davanti alla camera con naturalezza anche in situazioni complesse e apparentemente impossibili da cogliere mentre succedono. Situazioni immaginate in fase di sceneggiatura, impostate e poi lasciate fluire in modo naturale.
La disillusione nell'avere uno scopo nella vita, un lavoro e una realizzazione è troppo forte per un giovane che vive in questa Calabria. La generazione dei genitori è attiva, operosa e piena di voglia di fare. I figli no, attendono che il giorno finisca per poi attendere che finisca il successivo, facendosi scorrere addosso le (rare, è da dirsi) possibilità che si pongono loro innanzi.
Una sensazione di oppressione coglie lo spettatore di fronte a queste vite non vissute, acuita dal caldo della "tarda estate" (anche delle loro vite, ormai, i 30 anni si avvicinano...) e dalla luce, che li costringe spesso a rinchiudersi ancora di più, nel buio delle loro case.
Un plauso anche alla resa tecnica del film, capace di superare le evidenti difficoltà di un "buio" quasi continuo e di una lavorazione in condizioni spesso estreme.
23/04/2017, 01:22
Carlo Griseri