MOVIE TELLERS - Intervista a Giorgio Colangeli
Tra i principali ospiti della rassegna
Movie Tellers, organizzata da Piemonte Movie insieme alle istituzioni locali lungo tutto il mese di maggio,
Giorgio Colangeli in quattro città è stato protagonista delle presentazioni di "
Un posto sicuro" e "
Mirafiori Lunapark". Lo abbiamo intervistato nell'occasione.
Lei è qui con due film diversissimi tra loro ma anche con molti punti in comune. Che esperienze sono state?
Come esperienze di lavoro sono state diversissime e vicinissime. "
Mirafiori Lunapark" è l'opera prima di Stefano Di Polito, veramente un po' caotica e con una troupe di quasi debuttanti assoluti in tutti i reparti, a partire dalla regia. Stefano ha scritto una bellissima sceneggiatura ma non aveva mai fatto neanche dei corti, come di solito capita. Set caotico, due compagni di viaggio - Alessandro Haber e Antonio Catania - eccellenti, che sono stati un ancora nella lavorazione del film.
In comune con "Un posto sicuro" ha invece l'ambiente, che ci ha aiutato moltissimo, abbiamo girato nei luoghi in cui le storie erano ambientate, respirando quelle atmosfere e vivendo con le persone che raccontavamo. Di Polito ha anche inserito nel suo film alcuni Super8 reali delle persone del quartiere Mirafiori, materiale di repertorio che è uno degli episodi più toccanti del film stesso.
Il film di Francesco Ghiaccio è anch'esso un'opera prima, ma realizzata su un set di grande efficienza, prodotta con grande efficacia, con una troupe di qualità tecnica e umana.
Entrambi parlano di cultura operaia, "Un posto sicuro" concentrandosi sulla tragedia dell'Eternit di Casale Monferrato.
Il primo è un film documentaristico e poetico, il secondo è un film di denuncia.
Non è un caso che lei abbia due film in questa rassegna, è uno degli attori più generosi del cinema italiano, che non disdegna di aiutare piccole produzioni, corti e film anche difficili. Come sceglie i suoi lavori?
Parto sempre dalla sceneggiatura, che è un genere non facile da leggere. Anche se non è una garanzia (non sempre porta a un bel film, è una condizione necessaria ma non sufficiente!), ma è l'unico elemento giudicabile per me.
Mi piace molto anche avere un rapporto diretto con il regista, conoscerlo personalmente. Poi mi affido anche al mio istinto, basandomi su sensazioni impalpabili... Non sempre va bene, sia chiaro: a volte va benissimo, malissimo per ora non è mai andata, non ci sono cose fatte di cui mi vergogno!
Mi piace molto agire in contesti nuovi, mi piace che mi chiedano cose che non ho mai fatto. Un desiderio di rinnovamento che diventa per me una sfida, mi piace immaginare che tutte le volte che faccio un film nessuno sa che ho fatto delle buone cose in passato e che con quel film devo convincere tutti che sono capace! Non è un esercizio di umiltà, con l'umiltà non si va molto lontano, ma è un training che mi costringe a mettermi in gioco.
Lei è uno dei volti più noti del cinema italiano, con una svolta importante nel 2006 con il film "L'aria salata". Cos'aveva quel film, che non ha avuto un successo particolare ma è stato così decisivo?
Tutto per me nasce da quel film, prima avevo fatto tanto teatro ma poco cinema, molto anonimo. Da lì in poi nasce il fervore e il successo, lo posso dire.
Cosa c'era in quel film è difficile da dire. Ho sempre avuto la sensazione che quasi magicamente in quell'opera siano confluiti i momenti di grazia di tante persone diverse che contribuiscono a fare il film. Fare un romanzo riuscito è facile, basta il momento di grazia di una persona. Per un film ne servono almeno 7-8, contemporaneamente.
È andata così: è stato un momento di grazia per me, per
Giorgio Pasotti (anche se non gli è mai stato riconosciuto abbastanza!), lui è il motore della storia. Il regista
Alessandro Angelini era un esordiente maturato con dieci anni di gavetta da aiuto-regista, con due documentari sportivi alle spalle e pronto a fare il suo film.
Arnaldo Catinari all'epoca era già abbastanza affermato come direttore della fotografia, ma con "L'Aria Salata" è diventato uno dei protagonisti del nostro cinema, e così anche lo scenografo
Alessandro Marrazzo, che aveva un compito improbo.
Ultima domanda: su cosa sta lavorando ora?
Per la prima volta ho lavorato a una serie lunga, "
Tutto può succedere". Stiamo finendo e non credo ne farò più, anche per raggiunti limiti di età!
Progetti all'orizzonte non ce ne sono, mi auguro di poter fare ancora delle belle cose, mi sento pronto, mi sento maturo, ma al momento ho solo belle sceneggiature lette ma con piccoli ruoli.
Mi piacerebbe anche tornare a fare teatro, ho fatto un "
Aspettando Godot" con la regia di Filippo Gili, insieme a Francesco Montanari e Riccardo De Filippis, che sicuramente riprenderemo, ma non la prossima stagione perché siamo troppi impegnati...
26/05/2017, 12:08
Carlo Griseri