FESTIVAL DEI POPOLI 58 - Intervista a Enrico Maisto
Quando hai deciso di raccontare la figura del giudice popolare?
Tutto è cominciato nel 2012 quando stavo lavorando ad un progetto di finzione sulla figura del giudice. I miei genitori sono stati magistrati per quarant'anni e il desiderio di costruire un racconto che avesse a che fare con questa professione così singolare è sempre stato fortissimo. Avevo chiesto a
Valentina Cicogna di aiutarmi nella scrittura e avevamo deciso di cominciare le ricerche per documentarci a partire da questa procedura di selezione dei giudici popolari. Quando ci siamo ritrovati nell'aula seduti in mezzo ai candidati, mimetizzati fra loro, siamo rimasti subito affascinati da quello che stava accadendo intorno a noi. Devo dire che la prima a intuire che la selezione poteva costituire un film a se stante è stata Valentina, io lo immaginavo tutt'al più come una parte. Quando ci siamo confrontati su questo ho provato un senso di liberazione, perché da anni accumulavo materiali, riflessioni e spunti per questo film sul giudice, convinto che non fosse mai abbastanza, invece il problema era l'opposto, bisognava circoscrivere e così ho capito che i film sul giudice non erano uno solo, ma tanti. La selezione rappresentava il primo incontro di questi uomini con la Giustizia, persone comuni che si sarebbero ritrovate da un giorno all'altra a dover giudicare e questo processo mi avrebbe permesso di veicolare molti degli interrogativi che mi premeva porre intorno a questa professione, per il semplice fatto che non erano più solo i miei privati, ma diventavano quelli di tutta la platea di convocati.
Come hai scelto la "modalità" di narrazione?
La modalità di narrazione è venuta fuori sul campo, in modo molto empirico. Non sono partito con l'idea di un documentario di osservazione, ma alla questa forma si è imposta quasi subito come quella più adatta al tipo di racconto: le persone estratte che arrivano in aula sono talmente prese da quello che sta accadendo loro che non solo non si curavano della nostra presenza, ma addirittura poteva rappresentare quasi un inutile disturbo l'interruzione di questa loro esperienza con un dialogo diretto, delle interviste.
Racconti un mondo ignoto e segreto ai più: hai avuto difficoltà ad accedervi? Come hai scelto quale situazione riprendere?
L'accessibilità è stata sicuramente privilegiata per le questioni biografiche che ho spiegato, ma abbiamo comunque dovuto seguire un iter di approvazione e di permessi ufficiale. D'altra parte quella che abbiamo ripreso è una cerimonia pubblica, chiunque può entrare e assistervi. Sicuramente, comunque, almeno nelle tempistiche siamo stati molto agevolati.
A livello pratico, quanto sei stato "coinvolto"? Che troupe avevi, come ti sei confrontato con i candidati?
Sul piano logistico le riprese sono state piuttosto complesse non tanto per durata (la selezione in Assise d' Appello avviene due volte ogni tre mesi, quindi avremo girato in tutto una decina di giornate spalmate su un anno e mezzo), quanto per il fatto che avvengono in contemporanea più cose, dovendo seguire il percorso di un gruppo numeroso di personaggi. Dunque lavoravamo con tre piccole unità di operatori e fonici che si dedicavano a seguire un gruppo di persone ciascuno. Il mio confronto con i candidati si limitava all'incontro iniziale in cui spiegavamo loro cosa stavamo facendo e perché sarebbero stati filmati e poi rimanevo a disposizione per rispondere alle loro eventuali domande, che naturalmente non avevano mai a che fare con il film, ma con quello che sarebbe accaduto loro lì dentro: bisogna considerare che loro arrivano per lo più sprovvisti di qualunque tipo di informazione, sono spaesati e la nostra presenza costituiva per loro una fonte preziosa di rassicurazioni che potevano consultare in ogni momento.
La selezione delle immagini in fase di montaggio la immagino complessa: cosa cercavi nelle parole, nei volti dei tuoi protagonisti?
Il lavoro di montaggio è durato circa 6 mesi divisi in due sessioni ed effettivamente è stato complesso soprattutto perchè bisognava trovare un equilibrio fra l'andamento interno delle singole scene con lo stesso gruppo di personaggi, i loro discorsi e quella che invece era l'evoluzione complessiva del personaggio collettivo. Non ci siamo concentrati su un singolo aspetto da cercare o da cavalcare, certo ci interessava far emergere l'evoluzione del loro modo di stare dentro l'aula, capire se c'era un meno un cambiamento tra quando entrano e quando escono. E poi cercare di restituire quante più sfumature possibili di questo mosaico umano che di volta in volta si veniva a comporre.
14/10/2017, 19:00
Carlo Griseri