Note di produzione di "Non c'è campo"
Visti dalla cattedra, gli alunni della classe sembrano degli automi perennemente incollati ai loro smartphone. Eppure solo pochi anni fa le cose erano molto diverse: corteggiamenti bisbigliati, incessanti scambi di bigliettini, diari che passavano di mano in mano… Ora invece sembra che senza Facebook, Whatsapp, Snapchat, Twitter e Instagram, i ragazzi siano incapaci di guardare il proprio compagno di banco negli occhi. E gli adulti non sono da meno! Sarebbe interessante condurre un esperimento sociale durante il quale sottrarre ai ragazzi la possibilità di smanettare, spalle curve, sui loro cellulari. Dare a quegli studenti l’occasione di riprendere contatto con una realtà che ormai viene filtrata in così tanti modi da risultare finta. Ed è proprio questo “black out telematico” che sperimentano gli alunni di un prestigioso liceo romano, accompagnati in gita da una professoressa in crisi matrimoniale, costretti a soggiornare loro malgrado per una intera settimana in uno sperduto paesino della Puglia dove i cellulari non prendono e non esiste collegamento a internet! Lo smartphone, amico fedele e compagno di ogni avventura per l’adolescente medio, diventa un inutile accessorio e comunicare torna ad essere una faccenda da risolvere faccia a faccia. Dopo un primo momento di comprensibile smarrimento, gli studenti non si perdono d’animo ed escogitano i modi più creativi per riallacciare i contatti con il “mondo civilizzato”.
Ma non è detto che il momentaneo isolamento porti soltanto disagi. Mentre gli schermi dei cellulari perdono poco a poco il loro fascino, i ragazzi hanno l’opportunità di vivere appieno quei sentimenti tipici dell’adolescenza che fino ad ora erano rimasti nascosti dietro le tastiere pigiate con foga forsennata. Una storia, quella raccontata da Chiara Bertini, Francesca Cucci e Federico Moccia in “Non c’è campo”, che ha affascinato sin dalla prima stesura di sceneggiatura e che ha convinto la FABULAPictures ad impegnarsi da subito nella sua realizzazione. E quale migliore regista se non proprio Federico Moccia, per portare in scena le vicende dei giovani protagonisti. Con il suo ritorno dietro alla macchina da presa, Moccia riannoda i fili con le sue passate opere trasportando il suo messaggio sempre attuale dei primi amori e delle prime delusioni attraverso il linguaggio nuovo e profondamente contemporaneo dei cellulari. Il rapporto che ormai tutti abbiamo con la tecnologia non ci rende invulnerabili ai riti di passaggio che da sempre segnano il percorso di crescita di ognuno di noi. Una consapevolezza, questa, che acquista maggiore peso se rapportata alla giovane età dei protagonisti del film, coetanei di quel pubblico di riferimento cui la pellicola si rivolge. Riscoprire i valori della vita, il tempo di guardarsi negli occhi, il sapore dei rapporti umani non filtrati dalla tecnologia diventa quindi la lezione più importante che possa essere impartita alle nuove generazioni.