Note di regia de "L'Ultimo Sole della Notte"
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L’Ultimo Sole della Notte" è un film distopico, ambientato in un futuro non molto lontano, che potrebbe essere anche il nostro presente. Il film è ambientato dopo una nuova guerra mondiale, in una delle zone sicure create per deportare le persone destinate a “rappresentare” i valori e disvalori della Società occidentale. I personaggi hanno un oscuro rapporto con il loro passato e il film si snoda attraverso due linee temporali indistinte, quella del passato e quella del presente, che per noi è il futuro. Entrambi sono come un unico filo dello stesso racconto. Ho cercato di raccontare quello che può succedere alle persone in contesti straordinari quando sono private della possibilità di amare i propri cari, la famiglia, gli amici, un vicino di casa, chiunque. Abbiamo bisogno del nostro rapporto quotidiano, di sapere che non siamo soli. E abbiamo bisogno di comunicare che ci siamo. Quando tutto questo scompare, quando le basi della nostra società scompaiono, cosa succede? Ci sarà ancora posto per l’umanità così come la conosciamo? Volevo anche provare a raccontare il nostro presente attraverso la tecnologia e il rapporto con i social network. È il primo film post apocalittico che mette in scena questo rapporto con internet e i social network. Ho provato a immaginare un sovvertimento delle regole dei film post apocalittici, dove di solito i protagonisti sono impegnati a sopravvivere in qualche luogo esterno inospitale, e a procurarsi cibo, vestiti, armi. Ecco nel mio film tutto questo non è un problema, i personaggi hanno tutto ciò che serve per sopravvivere, ma spesso manca ciò che oggi noi riteniamo scontato, piccole cose a cui aggrapparsi, anche solo un foglio di carta, o una penna. I personaggi di questo film sono soli, si sentono perduti, e hanno paura dell’ignoto, dell’esterno. La loro domanda è: e se là fuori non ci fosse più nessuno. La Zona è tutto quello che gli rimane. È la loro nuova Casa. Ho pensato al cinema surrealista di Luis Buñuel e ho pensato a Stalker di Tarkovskij, ho pensato anche molto a James Ballard e al suo modo di raccontare le complesse sfumature umane. La sfumatura umana è ciò che più ho cercato di dare ai miei personaggi, non ci sono buoni o cattivi, non ci sono persone tutte da una parte o tutte da un’altra, ci sono solo esseri umani con tutte le loro ambiguità e la loro complessa finitezza. In essi ho cercato di dare il mistero che è fondamentale nel cinema, cosa cercano? Cosa vogliono? Perché lo fanno? Alle risposte a queste domande bisogna sempre lasciare un fondo di non detto, di misterioso. Una volta date ai personaggi le loro parti vitali, reali, essi possono camminare da soli e rispondere da soli alle loro azioni. Io non rispondo più di loro, vanno avanti da soli, e non so tutto di loro, cosa faranno ora? Non posso rispondere.
Questo film nasce dalla mia passione per la fantascienza umanista, nasce per un’ispirazione improvvisa, una notte su un treno, grazie a James Ballard. Ma soprattutto nasce dalla volontà di parlare di storie umane, anzi di esseri umani nelle storie. Vorrei raccontarvi una storia in un futuro che forse è già arrivato in anticipo, vorrei raccontarvi delle sfumature di alcuni uomini e di alcune donne, di persone vere, che non sono mai tutte da una parte o tutte da un'altra. Non sono mai totalmente bianche o totalmente nere. Sono fatte di tanti colori e tra questi colori passano a volte senza apparente logica, senza un disegno, senza una rotta, senza una struttura ordinata, regolare. Guidati da cosa? Dal destino, dalle emozioni del momento, dai cambi di umore o da lunghi ripensamenti. Questo siamo e questo ho cercato di raccontare nel film.
La storia di questo film è interessante perché è vero che un’opera ad un certo punto deve vivere da sola, senza dirle sempre cosa deve pensare o cosa deve fare col suo pubblico, ma è bello anche sapere la storia che c'è dietro un film. La storia delle persone che lo hanno realizzato, o anche solo quella parte della storia che per alcune settimane le ha riguardate tutte insieme. Per un momento i film hanno la capacità di far camminare persone che non si conoscono sulla stessa strada. Per un momento. Questa è anche la nostra storia, la storia delle persone meravigliose senza le quali tutto questo nella sua indicibile difficoltà non sarebbe mai accaduto. Difficoltà e bellezza, perché poi c’è anche la bellezza, nella forma di un sentimento che unisce e fa nascere l’amicizia vera, il film ci legherà sempre, ovunque noi andremo. A tutti voi che siete il film come lo sono io, il mio grazie dal cuore.
Il film è il risultato di un lavoro durato 5 anni, dal primo barlume indistinto, dalla prima idea fumosa nata su quel treno leggendo le righe di Ballard, fino alla consegna finale del film fatto e finito. 5 anni di vita non sono pochi dopotutto, no? 5 anni di cui la metà esatta di riprese; iniziate, poi fermate, poi riprese, e così andando avanti per tutto quel tempo, senza avere mai, e dico mai, la certezza che avremmo continuato un secondo dopo l’ultimo stop di una sessione. Ma anche con un desiderio così forte che tutto sommato sì, quella certezza in fondo in fondo c’era eccome. Almeno per noi. Tante gioie e tanti dolori, ma non sempre i dolori sono il male se poi mirano a ricongiungerci con la felicità. Perché si capisce che ne è valsa la pena. Perché è così la vita, e il cinema non fa eccezione. Come potrebbe farla il mezzo che si prefigge sempre di raccontarla, questa vita? Magari qualche volta anche carpendone un pezzettino di senso, chissà. A noi sempre sconosciuto.
Matteo Scarfò