Note di regia di "Deserto Verde"
Da alcuni anni volevo girare un documentario sulla monocoltura dell’eucalipto in Portogallo e, dopo l’incendio del 17 e 18 giugno 2017, descrivere le conseguenze ambientali e sociali di decenni di monopolizzazione del territorio del Pinhal Interior Norte, in cui vivo per alcuni mesi l’anno, è diventata un’urgenza. Il documentario è diviso in tre parti. Nella prima parte ho raccolto le testimonianze di due persone che si sono trovate in mezzo alle fiamme e di un giornalista che ha seguito l’attività di spegnimento dei vigili del fuoco. La parte centrale del racconto è affidata a João Camargo, ingegnere zootenico e ambientale e ricercatore dell’ICS- Instituto de Ciências Sociais dell’Universidade de Lisboa che analizza l’impatto della monocoltura dal punto di vista ambientale, sociologico ed economico. L’intervento di Camargo è il cuore del mio lavoro perché fa comprendere i rapporti di causalità fra cambiamenti climatici e disastri naturali, le responsabilità politiche nell’impoverimento delle aree rurali e montane del Portogallo e le possibili soluzioni per evitare tragedie come quella dello scorso giugno. L’ultimo protagonista del documentario è Pedro Pedrosa, abitante del villaggio di Ferraria de São João che, nelle settimane successive all’incendio, ha guidato una piccola rivoluzione ecologica che si è conclusa, alla fine del 2017, con la creazione di una fascia di protezione priva di eucalipti intorno al centro abitato.
L’incendio del giugno 2017 ha segnato in maniera indelebile le comunità di Pedrógão Grande, Figueiró dos Vinhos e Castanheira de Pera. Il verde a perdita d’occhio del passato è stato sostituito dagli scheletri carbonizzati degli eucalipti che hanno iniziato a rinascere, come l’Araba Fenice, poche settimane dopo le fiamme. Purtroppo si tratta di una rinascita effimera: l’eucalipto è una specie che assorbe grandi quantità di acqua e di nutrienti e che dopo alcuni cicli di crescita lascia le piantagioni completamente desertificate. Se l’eucalipto si trova in quantità ridotte in mezzo ad altre specie i problemi di ‘convivenza’ sono risolvibili, se la coltivazione è una monocultura il risultato è un ecosistema che rende impossibile la vita per la flora e per la fauna. In una logica di medio e lungo termine, la monocultura dell’eucalipto associata a siccità sempre più frequenti e a temperature sempre più elevate non può che portare a una desertificazione che finirà per incrementare una crisi occupazionale e uno spopolamento delle aree interne del paese.
Davide Mazzocco