LOCARNO 71 - DULCINEA, quotidianita' (quasi) normale
Una ragazza in casa sua, in bagno. Camera fissa per diversi minuti mentre lei ascolta i messaggi della sua segreteria telefonica, si strucca, smette abiti da sera e pettinature curate per comode sneaker, pantaloncini della tuta, una larga maglietta bianca, occhiali e treccine. La fine di una giornata di lavoro?
Con questa spiazzante ma ipnotica scena inaugurale si apre "
Dulcinea", ultimo lungometraggio (poco più di 60 minuti la durata complessiva) girato da
Luca Ferri, presentato in anteprima al festival di Locarno 2018, sezione Signs of Life.
"È il primo di tre lavori girati integralmente all’interno di ambienti domestici. L’ho chiamata “trilogia dell’appartamento”", ha spiegato il regista. "Si tratta di tre lungometraggi ossessivi e patologici in cui la solitudine delle vicende dei protagonisti è messa in costante rapporto con lo spazio architettonico ospitante".
Girato in 16mm, il film prosegue con le immagini della ragazza, novella Dulcinea, impegnata a passare il tempo mentre un uomo (Don Quijote?) è impegnato a pulire con dovizia e dedizione l'ambiente domestico. Ogni tanto trova in giro oggetti appartenenti alla ragazza e li conserva, scrupolosamente. Il tempo passa, le azioni si susseguono.
"In
Dulcinea - prosegue Ferri - la solitudine che permea i protagonisti è una presenza assente, celata da azioni routinarie e dalla didascalica successione degli eventi che li colloca apparentemente fuori dal tempo e dalle miserie umane. Svuotati da ogni psicologismo, gli attori aderiscono per tutta l’opera ad una postura ingessata, conducendo lo spettatore di fronte a una pièce marionettistica di riesumazione e sessualità feticista".
Raramente un film riesce a rendere così pienamente la volontà del suo autore, e raramente un autore riesce a spiegare così bene quali sono le sue intenzioni attraverso il film finito. "Dulcinea" è una notevole eccezione.
06/08/2018, 12:02
Carlo Griseri