VENEZIA 76 - "Il Varco" nel muro della storia
Quando nel pieno del conflitto bellico il freddo ti attanaglia, i dolori ti consumano e la vita sembra abbandonarti da un momento all'altro, il pensiero di disertare si fa talmente incessante che pur di farlo venderesti l'anima al diavolo.
Così come quelle che gli raccontava sua madre da piccolo, è una storia di fiabe e fantasmi anche quella vissuta dal protagonista de "
Il Varco", il nuovo progetto di
Federico Ferrone e
Michele Manzolini, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione "Sconfini", e ambientato nel corso della Campagna di Russia.
Se al centro del loro "Il treno va a Mosca" c'era un vero romagnolo che nella seconda metà degli anni '50 partiva per l'Unione Sovietica, convinto di andare incontro ad un sogno, questa volta il sistema narrativo si ribalta, mettendo in scena un immaginario soldato italiano che, appena messo piede in Unione Sovietica, realizza di viaggiare verso un incubo ad occhi aperti.
Accompagnato dalla calda voce di Emidio Clementi, il film è un on the road lungo il fronte sovietico, costruito attraverso un intelligente e calibrato utilizzo di archivi privati, e capace di rendere vivo, reale, credibile questo soldato in preda a paure e tormenti che arrivano da un orribile trascorso in Etiopia.
Le rare immagini dell'Ucraina di oggi intervengono come brevi ma forti schiaffi, per calarti nell'immutata dimensione di povertà e dolore, tra paesaggi, strade e corpi massacrati da interminabili conflitti.
Oltre a toccare varie corde emotive, questa storia di finzione messa in scena con immagini del passato, spinge a riflettere sui "confini" della realtà e sui limiti del concetto di documentario. In un momento, infatti, in cui l'utilizzo dell'archivio nei doc appare ormai necessario, quasi scontato, sono film come questo a restituirgli un senso alto e altro, ridando valore a quei fantasmi stampati sulla pellicola, che oggi ritornano per popolare i nostri sogni nel buio della sala.
03/09/2019, 21:00
Antonio Capellupo