NATO A XIBET - La Sicilia e il ricordo dell'infanzia
Ambientato a Xibet, l’antica città fortificata arabo- bizantina del medioevo, ovvero l’odierna Calascibetta in provincia di Enna, racconta la storia di Pietro ragazzino volenteroso e studioso che con piacere dà una mano in famiglia badando al gregge di pecore.
La storia si dipana tra passato e presente, con largo uso di falshback e di narrazioni del piccolo Pietro ormai diventato uomo (
Vittorio Vaccaro) che ricorda e incontra personaggi del tempo che fu, sempre attuali e vividi nella sua memoria, ma spesso non più esistenti. Una volta deciso il suo futuro da fotografo, Pietro è costretto ad emigrare al nord proprio per poter studiare ed esercitare la sua professione, ma quando torna nella sua terra, alla sua antica casa ormai abbandonata e vuota, rivive con nostalgia tutto il suo passato di pastorello e di scolaro, riflettendo su ricordi e memorie ancora vivide ma che si scontrano con la realtà ormai trasformata.
Rosario Neri ha cercato di rendere vivo il più possibile un tempo ormai dimenticato che è quello della vita rurale nelle campagne siciliane, dei borghi antichi, delle piccole botteghe di barbiere con musicanti, degli empori per tutte le necessità, delle viuzze piene di vita e ormai totalmente abbandonate, delle storie d’amore e delle fuitine. Uno sguardo d’amore lo dedica poi all’arte della scultura e pittura dei carretti siciliani che forse pochi ancora hanno il piacere di coltivare.
Belle le facce autentiche e selvagge, mentre il doppiaggio in lingua originale è eccessivamente sottolineato da una teatralità dove l’enfasi degli attori risulta a volte stonata, poco credibile. Il problema potrebbe essere quello di capire se lasciar parlare come l’antico dialetto vuole gli attori non professionisti, correndo il rischio di divenire incomprensibili allo spettatore, oppure forzarli a parlare un dialetto comprensibile ma forse un po' finto.
La scelta dell’autore rimane nel mezzo, usa il siciliano da tv, rendendolo comprensibile quasi sempre. Sentito e scritto come un’opera di grande amore verso un mondo ormai perduto e dimenticato, paga la tonalità usata nella recitazione, mentre premia la scelta di lasciar parlare gli attori in siciliano stretto e l’idea di voler raccontare personaggi particolarmente tipici del luogo diventati ormai solo un ricordo lontano.
30/09/2019, 16:35
Silvia Amadio