Note di regia di "La Villa"
Ho frequentato il parco per circa tre anni, per raccontare un quartiere di periferia partendo da questo unico luogo: La Villa Comunale di Scampia. Mi è sembrato bastasse stare qui, in ascolto, tra gli alberi e i fiori, per restituire la complessità del fuori.
All’origine dell’idea del film c’è un altro lavoro, realizzato circa tre anni fa nel quartiere Scampia. Gli operatori del Mammut, un Centro Territoriale con sede nella piazza principale, a pochi metri dalla Villa Comunale, mi chiesero di documentare le attività svolte con i bambini e i giovani del quartiere. Durante quel periodo di lavoro avvertivo un contrasto tra la realtà che filmavo e con l’idea che io stessa avevo del quartiere. Non sapevo infatti che Scampia fosse una delle zone più verdi di Napoli, con una solida rete di associazioni che agiscono quotidianamente sul territorio e che proprio dietro ai palazzoni filmati dalla cronaca e dal cinema, per raccontare il degrado e il malaffare, ci fosse un grande parco pubblico, vissuto dagli abitanti come un’oasi di benessere.
È da queste sensazioni che nasce l’esigenza di capire come guardare questa parte di Napoli, che è la mia città, e di scrivere un film sul quartiere. Il luogo in cui si sviluppa la narrazione è una scelta fondamentale. Tendo a cercare luoghi dove tutto il fuoricampo, ci entra evocato. Nel mio lavoro precedente, La Malattia del Desiderio, ho raccontato il mondo della tossicodipendenza dall’interno di un ambulatorio, un ser.T - servizio per le tossicodipendenze. Questa scelta mi ha permesso di non insistere sulla durezza delle vicende personali dei protagonisti, ma di evocarle attraverso i racconti che emergevano nei colloqui e nella relazione con i medici.
Anche per La Villa ho seguito lo stesso approccio: focalizzare il racconto di un quartiere all’interno delle mura di cinta di un giardino pubblico, mi ha permesso di raccontare la vita delle persone che lo abitano in uno scenario lontano dalle immagini prodotte su questa periferia. Lo spazio diventa così un vero e proprio protagonista, un microcosmo, contenitore di personaggi e storie, in questo caso, molto differenti tra loro.
L’esigenza di fare questo film è quella di riflettere sulle periferie e sulla costruzione di un immaginario che le rappresentazioni su un luogo contribuiscono a produrre, e sulla natura, necessaria per le persone che vivono nelle città: una via di salvezza.
Claudia Brignone