Note di regia di "Bar Giuseppe"
L'onda che mi ha sospinto verso l’eterna scintilla della ‘novella’ di Giuseppe e della sua sposa è il loro essere ‘migranti’. Gli esiliati, ieri e oggi, sopportano le stesse condizioni: l’angoscia di non essere accolti, cosa mangiare, dove abitare, con quale lavoro. Da figlio di migranti, assisto al degenerare delle loro speranze. E ho voluto rileggere la figura di Giuseppe, et erno padre su cui ci si interroga molto anche oggi, per trovarci un’attualità inaspettata. Spero che i silenzi di Giuseppe contengano pensieri da decifrare. In lui contano più le mani che la bocca, più il lavoro che le parole. Simbolo di un’umanità che non strepita, che passa impercettibile e anonima in questo mondo ma che spesso viene coinvolta in eventi imperscrutabili (non parlo di miracoli) alla pietas umana. Mi sono interroga to su temi metafisici non solo a partire dai testi biblici o dai magisteri ecclesiastici ma anche sull’etica che oltrepassa le barriere della religione. Ho tentato anche di dare una lettura laica dell’uomo Giuseppe, padre senza tempo, dai valori condivisibili dai credenti e non. La civiltà occidentale eredita millenni di rifle ssione dogmatica sulla Famiglia, eppure cos’ha a che vedere ‘quella’ famiglia di duemila anni fa con l’attuale e contraddittoria famiglia umana? Bar Giuseppe vorrebbe essere soprattutto una riflessione su questi temi. Le riflessioni talvolta aiutano a su perare ciò che non si comprende. Propongo umilmente questo enigma laico fatto di domande a cui lo spettatore possa – se vuole – dare risposte individuali.
Giulio Base