Note di regia di "Volevo Fare la Rockstar"
Se un regista deve girare un drama o un crime, sicuramente può sfruttare un linguaggio già codificato. Ma quando si ha a che fare con una commedia family come “Volevo fare la rockstar”, la difficoltà maggiore è trovare la chiave giusta per raccontare questo genere. L’impianto visivo ha rappresentato quindi un grosso impegno per tutti noi, perché è un aspetto fondamentale per raccontare al pubblico delle storie diverse e non omologate. L’altro elemento che trovavo fondamentale era la recitazione. In generale, sono un grande appassionato di attori e, in questo senso, sono felicissimo di tutti i nostri interpreti. Si è creato un gruppo incredibile, formato da persone che avevano una grande voglia di lavorare, tanto che spesso la sera si vedevano per conto loro per provare le scene. Insomma, è stata una scommessa vinta, per cui ringrazio Pepito e Rai, che mi hanno supportato completamente. D’altronde, la serie funzionerà solo se lo spettatore si chiede cosa succede ai personaggi e riesce a identificarsi con loro. Io li ho amati tutti, dal primo all’ultimo, anche nei loro difetti, perché altrimenti avrebbe significato giudicarli e farli ‘morire’. In effetti, il rapporto con i personaggi è come un matrimonio: li devi amare nella buona e nella cattiva sorte. Infine, due parole su Gorizia, dove abbiamo girato buona parte di “Volevo fare la rockstar”.È la città in cui sono cresciuto e ci ha fornito i colori e le atmosfere di cui avevamo bisogno. È una terra molto silenziosa e nel silenzio è possibile sentir parlare le anime dei personaggi. Le città grandi confondono, mentre nei piccoli paesi bisogna confrontarsi con se stessi. Forse, è proprio questo confronto il cuore del nostro racconto.
Matteo Oleotto
23/10/2019, 10:33