Note di regia di "Giorgio Ambrosoli - Il Prezzo del Coraggio"
Per restituire al meglio la complessità della figura di Giorgio Ambrosoli e della vicenda di cui è stato protagonista, siamo partiti dall’esigenza di trovare un equilibrio fra il racconto emotivo dell’uomo e quello del contesto storico-politico, così come degli aspetti tecnici della vicenda finanziaria. Ha contribuito a questo obiettivo anche il punto di vista inedito: quello del maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, collaboratore e poi amico del commissario liquidatore, che conosce bene entrambi gli aspetti della storia. Questo approccio ha permesso di avere una visione più ampia della figura di Ambrosoli: come persona dedita al lavoro, alla famiglia, all’adorata moglie. Annalori, infatti, è una figura portante in questo racconto, sicuramente più corale, della storia dell’uomo e dell’eroe civile. Nel valutare l’integrazione dei due linguaggi narrativi, la difficoltà più grande è stata quella di compensare l’inspiegabile assenza negli archivi audiovisivi di materiale di repertorio che testimoniasse il grande lavoro svolto da Ambrosoli. Sembra quasi che del suo operato non sia rimasta traccia. Ma forse è proprio la mancanza di materiale di archivio a raccontare meglio la straordinarietà di un lavoro eroico, eppure isolato, sminuito, trascurato. Quasi dimenticato. Non c’è quindi da stupirsi se di Ambrosoli esista solo una preziosa intervista rilasciata alla tv di stato svedese in cui lo vediamo illustrare l’enigma delle scatole cinesi dell’impero Sindona. Abbiamo quindi affidato al racconto di fiction non solo il contesto famigliare, ma anche la parte che verrebbe normalmente lasciata alla narrazione documentaristica, ricostruendo con attenzione i dettagli del contesto lavorativo, le dinamiche fra Ambrosoli e la sua squadra di collaboratori, e le problematiche politiche dell’indagine condotta. Al montaggio, la parte di fiction aziona la macchina del tempo per riportare in vita il protagonista che agisce e condivide con noi le sue emozioni fra il 1974 e il 1979.
L’approfondimento documentaristico fornisce il necessario racconto complementare: le interviste rivelano come, a distanza di anni, Ambrosoli sia ancora una guida carismatica che continua ad ispirare le vite dei suoi cari, degli amici e del gruppo di collaboratori che gli sono sopravvissuti. La tecnica nelle riprese ha intenzione di esaltare questo doppio binario, dando spazio al racconto dell’amico superstite. La sua voce narrante entra nella casa di Ambrosoli, si poggia su immagini di vita familiare, spesso raccontata con la discrezione di un carrello che scivola nel corridoio o con l’intimità di una macchina a mano che esalta la sensazione di forza e fragilità di un dialogo fra marito e moglie. Un elemento stilistico ricorrente è il “cambio di fuoco” che diventa tematico, presentando in maniera ricorrente degli accadimenti visti da diverse prospettive soggettive (come la preoccupazione di un bimbo di sette anni che ascolta accidentalmente una minaccia di morte registrata o una moglie che si allarma per una telefonata di lavoro nel pieno di un cenone natalizio). La palette di colori evoca gli anni Settanta, ma lo stile fotografico è moderno in uno schema cromatico contrastato e vivace: le luci gialle del tungsteno con le finestre colorate di blu da un “effetto notte” vogliono dare calore e colore nonostante ci si trovi nel pieno di una delle pagine più buie di quegli anni. La musica e le vedute aeree di Milano sono i punti di sutura fra i due linguaggi, bisognosi di snodi temporali che contestualizzino la durata del racconto e che diano al tutto organicità e ritmo tensivo. Con il cast di attori, motivati al massimo dalla statura dei personaggi ritratti, si è da subito costruito un dialogo importante sull’esigenza di mettere cuore in un racconto intimo. Tutti i personaggi hanno una doppia veste, un alternarsi fra pubblico e privato, e il sottotesto di ogni scena è stato quello di mettere a nudo il lato umano dietro la figura istituzionale.
Ogni battuta, ogni movimento della sceneggiatura sono stati accuratamente analizzati e verificati con gli sceneggiatori e il risultato è un lavoro di squadra nella ricostruzione dei personaggi. Le interpretazioni non sono quindi imbrigliate da tentativi d’imitazione dei personaggi reali ma, partendo dallo studio della loro sfera privata, sono performance libere di arrivare a una proposta fedele alla persona e allo spirito delle situazioni affrontate. Abbiamo provato a cogliere questi tratti emotivi e il processo creativo ci ha permesso aggiunte sul set così come proposte minimaliste “in sottrazione”. Lo scambio in continua osmosi con Umberto Ambrosoli, nostro consulente, ci ha dato poi la certezza che fossimo sulla strada giusta anche nel nostro lavoro per rendere fruibile e comprensibile i dialoghi e i concetti più tecnici.
Alessandro Celli