VENEZIA 77 - "Spaccapietre", un nuovo schiavismo
Giuseppe è rimasto disoccupato dopo aver subito un grave incidente sul lavoro, ma ha un figlio dai grandi sogni che, orfano di madre, ripone in lui tutte le speranze per il futuro. Per guadagnare qualcosa dovranno trasferirsi a vivere, quasi da reclusi, in una baraccopoli destinata a braccianti sfruttati da un capo senza scrupoli.
Ha indiscutibili meriti lo "
Spaccapietre" dei gemelli
Gianluca e Massimiliano De Serio. Quello di porre l'attenzione su un argomento troppo poco raccontato, il caporalato agricolo che al nord come al sud rende "schiavi" migliaia di lavoratori, immigrati ma anche italiani, lasciandoli senza diritti e senza difese oggi come sessanta anni fa.
E poi la capacità di unire una storia familiare (nel 1958 la loro nonna morì per un malore sui campi in circostanze analoghe a quelle del film, e molti nomi e personaggi presenti sono collegati alle vite dei De Serio) con la cronaca (la morte nel 2015 di Paola Clemente), cercando di rendere il tutto un prodotto "accettabile" anche da un pubblico meno avvezzo al loro cinema d'impegno sociale.
Se quindi è ammirevole la volontà di far arrivare un tema simile a nuovi spettatori (sperando che la presenza di un volto popolare come quello del protagonista,
Salvatore Esposito, possa essere decisiva in tal senso), e se sono evidenti i passi avanti tecnici di "
Spaccapietre" rispetto al cinema precedente dei due gemelli, spiazza decisamente la svolta "di genere" che prende il sopravvento nella seconda parte (in cui si sfiora l'"
exploitation" con violenza torture e sangue in crescendo) e che rischia di rendere marginale tutto quanto raccontato fino a quel momento.
Cinematograficamente, però, "Spaccapietre" è un grande passo avanti nella carriera dei registi torinesi, da sempre abili nel realizzare cinema ma troppo spesso alle prese con mezzi produttivi limitati. Nella cura del montaggio e della messa in scena, nel lavoro in sinergia con i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo per la parte musicale (particolarmente incisiva), nella capacità di costruire "grandi" scene (l'incendio, la corsa finale) dimostrando di essere ormai cineasti di primo livello. Se ci fosse stato ancora qualche dubbio al riguardo...
11/09/2020, 08:26
Carlo Griseri