LE SORELLE MACALUSO - Emma Dante e la "sua" Palermo
Emma Dante partecipa per la seconda volta alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con un film trasposto da una sua opera teatrale molto acclamata. La prima volta fu nel 2013 con
Via Castellana Bandiera, quest'anno è il turno de
Le Sorelle Macaluso.
La narrazione si apre con cinque sorelle intente a prepararsi prima di recarsi al mare; desiderano ardentemente andare alla spiaggia di Mondello, precisamente vicino allo storico stabilimento del Charleston.
Contemporaneamente, ci viene presentata la condizione sociale ed economica delle sorelle: si guadagnano da vivere vendendo piccioni e colombe per le cerimonie religiose, come matrimoni e battesimi. Un dettaglio fondamentale che aiuta lo spettatore a capire il meccanismo psicologico legato all'ossessione delle ragazze rivolta verso il lido: la regista ci mostra un'antica foto dei genitori scomparsi, scattata proprio davanti al lido, ma questa non sembra essere l'unica motivazione che le attrae così ardentemente.
L’Antico Stabilimento Balneare di Mondello, anche conosciuto come il
Charleston, è famoso per le sue terrazze sul mare e per la bellezza liberty della sua struttura progettata dall’architetto Rudolf Stualker nei primi anni del Novecento. Tutto il golfo di Mondello è costellato di ville dallo stile liberty e dell’Art Noveau che lo rendono unico nel suo genere.
Il Charleston indica stoicamente un target di status specifico per il palermitano medio, che simboleggia opulenza e serenità economica, condizione molto lontana da quella in cui vivono le sorelle.
Situazione che viene esplicitata anche dalle riprese che descrivono la loro casa: soggettive insistenti su dettagli come mobili, sanitari, persiane e piccoli oggetti - anche dette neglie in dialetto palermitano - lasciano intendere allo spettatore di essere una famiglia semplice e dalle umili origini.
Emma Dante in diverse interviste sostiene che le riprese degli ambienti - come degli oggetti - sono volutamente ossessive: sono proprio i luoghi per la regista palermitana ad essere il fulcro della narrazione. Questi diventano così ulteriori protagonisti della storia: il tentativo - riuscito - anche in questa secondo film è quello di mostrare le condizioni esistenziali dei protagonisti attraverso il linguaggio degli spazi della città di
Palermo, e quindi di trasporre gli avvenimenti e concatenarli negli luoghi più familliari alla regista e ai suoi spettatori.
Infatti la scelta ricade su ambientazioni iconiche per i palermitani, con una fascinazione particolare verso i quartieri popolari.
In perfetta sintonia con le regole della semiotica degli spazi che studia le narrazioni urbane tramite le sue rappresentazioni e le sue forme, Dante narra una sinfonia fatta da ambienti, natura e oggetti.
Anche il quartiere che ospita le Macaluso rappresenta questa fascia sociale:
Sant'Erasmo è un borgo marinaro, con un porticciolo ancora molto utilizzato da piccoli pescherecci. Il quartiere in sé però è molto trascurato, ma sempre trafficato e frequentato grazie anche alla presenza dell'Ospedale vicino. La zona costiera infatti negli ultimi anni è oggetto di un’operazione complessa di gentrificazione.
Stando in sala, si intuisce subito che il gioco visuale della regista è ben riuscito nel momento in cui gli spettatori palermitani si esaltano alla vista di luoghi che riescono immediatamente ad identificare, e bisbigliano tra di loro nel tentativo di comunicarsi questa sicurezza visiva. Grazie a questo meccanismo l’identificazione con la narrazione delle sorelle è immediata e fortemente empatica.
Il quartiere protagonista è anche vicino al
fiume Oreto: la regista non si sottrae dal mostrare le sue falde aquifere e la sua vegetazione abbondante, trasportando le ragazze dall'interno della casa all'esterno lungo il fiume, immerse nella natura matrigna.
Proprio qui le sorelle - capitanate da Maria che sogna di fare la ballerina - si lasciano coinvolgere e trasportare da una danza liberatoria, spogliandosi di tutte le angoscie e responsabilità che attanagliano la loro giovane vita.
La narrazione è scandita da tre sezioni temporali in cui si evolvono le età delle ragazze, ma i luoghi restano immutati, come a conservare quell’innocenza primordiale che ci viene mostrata fin dalle prime immagini del film.
Adesso le sorelle si sono trasformate da bambine ad adulte, ma conservano le stesse inclinazioni verso il futuro: Maria per esempio nutre ancora un forte sentimento per la danza e continua ad utilizzarla come mezzo per evadere dalla realtà che le costringe.
La loro esistenza è segnata da un evento straziante avvenuto anni prima proprio al Charleston, ed è come se il tempo si fosse congelato: nulla di importante è più accaduto nella loro vita, tant’è che la narrazione riprende solo quando con il pretesto di una cena, Maria dovrà raccontare una scomoda verità.
Il tempo viene scandito da avvenimenti catastrofici e mortiferi - raccontati con un pizzico di ironica e gusto del grottesco - tramite i quali si giunge alla terza e ultima parte del film: la vecchiaia arriva velocemente a scalfire i volti di quelle due sorelle sopravvissute, intrecciando l’amara conclusione del film con quella delle loro vite.
Giorgia Lodato28/09/2020, 10:11