Note di produzione di "Suburra - La Serie 3"
Quando Netflix ci ha proposto di creare una serie dal nostro film Suburra la sfida è stata enorme. Era fondamentale che la serie avesse la sua propria identità e un proprio storytelling ma che allo stesso tempo, concettualmente i due progetti - la serie e il film – fossero legati all’idea che per governare Roma la Chiesa, lo Stato e il Crimine lavorassero a stretto contatto offuscando i contorni tra lecito e illecito. Il concetto non è nuovo ma quello che ha fatto la differenza e lo ha reso così unico nella nostra serie è stata la sua ambientazione: Roma. Non quella che milioni di viaggiatori hanno visitato e conosciuto nei secoli, ma la Roma cruda, inaspettata, piena di alleanze segrete. Non esiste nessun altro luogo al mondo, che serva da epicentro alla politica, alla religione e al crimine organizzato. A questo contesto così unico va, infatti, molto del successo dello show.
Abbiamo quindi sviluppato la nostra storia con grande cura e l’abbiamo differenziata per tono, stile e contenuto dal film. Mentre Suburra, il film, è incentrato su un evento oscuro e irrimediabile, che portava il pubblico verso l’Apocalisse, la serie è incentrata sui personaggi. Questi infatti lottano e si fronteggiano per ottenere il potere e il controllo, mentre ci accompagnano dentro i loro mondi. Ognuno in un viaggio emotivo che li porta in luoghi inaspettati e li spinge ad evolvere in modi totalmente imprevedibili.
Sin dall’inizio la serie è stata concepita su un arco di tre stagioni, ciascuna focalizzata su uno specifico mondo della cosiddetta profana trinità. Se la prima stagione ruotava intorno al Vaticano e la seconda intorno alla politica, questa terza stagione ci porta decisamente nelle strade del crimine, culminando in un finale epico che non ha nessuna connessione narrativa con il film da cui siamo partiti. Come siamo riusciti a catturare tre mondi distinti e abitati da personaggi così diversi tra loro, e a creare una narrazione coesa? Fondamentale è stata la caratterizzazione del formato, del tono, del linguaggio e dello stile. Ognuno dei tre mondi e ogni personaggio ha la sua palette di colori, il suo linguaggio visivo e persino il proprio obiettivo. Ciascun mondo ha il suo linguaggio, sia esso il dialetto romano, il Sinti o l’italiano formale usato nei circoli di alto livello. Una cosa però li lega l’uno all’altro: i dialoghi irriverenti, cinici e ironici che conferiscono alla serie il suo segno distintivo.
Ma di cosa tratta esattamente la terza stagione di Suburra? Mentre il tema generale dell’intera serie è il potere - chi ce l’ha, chi lo vuole, chi ne ha bisogno - e soprattutto al prezzo che ogni personaggio deve pagare per ottenerlo, questa stagione è totalmente incentrata su come riuscire a mantenerlo. Questa è la stagione della consapevolezza. Ogni personaggio è costretto a prendere coscienza della propria debolezza e del fatto che mantenere il potere è molto più difficile che ottenerlo. È la comprensione del fatto che i loro appetiti e la loro ambizione superano di gran lunga quello di cui sono capaci e, per alcuni, che la loro vera natura è più terribile e spaventosa di quello che avrebbero mai immaginato.
Dire addio a Suburra la serie ha un sapore dolceamaro. Nonostante le sfide che abbiamo affrontato nella realizzazione, è stato un viaggio indimenticabile guidato dall’amore per Roma, per la nostra storia e per i personaggi che l’hanno animata. Avendone la possibilità, rifaremmo tutto daccapo senza pensarci un attimo.
Gina Gardini (showrunner e produttrice Cattleya)
28/10/2020, 08:30