L'AMORE NON SI SA - L'amore e la musica per battere l'omerta'
Il protagonista è il cantante di un gruppo musicale che si esibisce in spiaggia, in un posto chiamato Crac, dove la mala organizza feste private. Il suo nome è Denis (
Antonio Folletto), è un bel ragazzo che piace alle donne, con le quali intreccia storie di sesso. A quella di turno, che dichiara di essersi innamorata di lui, dice con grande correttezza: “allora non possiamo più fare l’amore” per mettere in chiaro che un rapporto sentimentale non è previsto.
Per il resto è sempre sotto l'effetto di droghe, alternando lo sballo con alcool ed altre sostanze; l’attore è molto bravo a recitare costantemente con una sigaretta fra le labbra e una birra in mano, peccato che questo però, unito al dialetto, influenza pesantemente la comprensione di ciò che sta dicendo.
Denis, tipica icona del musicista rock alla
Keith Richards, vive la sua vita circondato da amici e da parenti anche loro sempre sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e dagli altri componenti del gruppo musicale trap dialettale ma, invece di essere nella Londra underground, Denis vive invece in mezzo ai vicoli di un paese, in una casa
sgarrupata che condivide con Nina,
Diane Fleri, (ma non è stato facile comprendere il suo nome di battesimo).
Lei, groupie sempre presente ai concerti, allegra e sorridente sembra avere un rapporto molto stretto con Denis, quasi da sorella, stretto intorno a una relazione poco chiara. Inoltre non disdegna rapporti amorosi con tutte le donne che girano intorno al bel Denis, soprattutto con Marian (
Silvia D’Amico) una loro vicina di casa che, nonostante stia con Nina, sembra attratta anche da Denis.
Girato con stacchi musicali molto potenti (musica originale di
Michele Braga) legati allo stato d’animo del protagonista sotto l’effetto delle varie sostanze stupefacenti assunte, il film, nel finale diventa un thriller. Il regista
Marcello Di Noto, alla sua opera prima, spiega che ha pensato di fare un film contro l’omertà, contro la logica della malavita che costringe il meridione a vivere costantemente nella paura.
Un bel tema scottante, socialmente utile e coraggioso, limitato nello sviluppo dalla difficile comprensione, data per scontata, dei dialoghi.
Fare un film in dialetto non è impossibile, ma l’uso di provvidenziali sottotitoli, avrebbe consentito di comprendere, e non solo di intuire, sia i dialoghi sia la tessitura della sceneggiatura. Peccato per l’occasione persa di fare del buon cinema italiano.
28/10/2020, 11:00
Silvia Amadio