Note di regia di "Corpo a corpo"
Il coraggio di Paolo di mettersi a nudo davanti alla macchina da presa è il motore di un film realizzato con estrema delicatezza, nella costante osservazione del protagonista, sposando il suo punto di vista e il suo ostinato rifiuto di essere “vittima”. Al centro di tutto c’è la sua resistenza prima di tutto fisica, del corpo, in sintonia con la terra e con il lavoro che Paolo ha condotto fino a quel maledetto giorno. Il mestiere di agricoltore e allevatore di tori costituisce la spina dorsale del ragazzo che fu, e tuttora restano, nel suo vivere e nel suo sangue, le tracce di una natura contadina cocciuta e orgogliosa.
L’adesione al Paolo di oggi è interrotta da brevi momenti evocativi del Paolo ultrà, un fantasma ai suoi stessi occhi e a quelli dello spettatore, che si aggira nella nebbia di stazioni senza nome, dove i passaggi dei treni diventano deviazioni esistenziali. Nell’alternarsi degli ambienti e dei personaggi ho cercato con tutti lo stesso approccio diretto, per ottenere compattezza di linguaggio ed equilibrio nella narrazione. Nel film riveste grande importanza il suono. Senza voci off o interviste in macchina, è quasi tutto diegetico, in presa diretta. La presenza forte del dialetto, integrata dal ricorso ai sottotitoli per una piena comprensione, offre quella visceralità linguistica che rende il lavoro ancora più autentico. L’utilizzo della musica è minimale, quasi assente, se non in due o tre passaggi. Il timbro naturalmente lirico del racconto è spezzato dalla rabbia e dai cori ultrà, che riemergono a tratti con prepotenza, a fare da contrappunto ai silenzi e all’intensità espressiva di Paolo. Due linee che si alternano nella parte centrale del film, in un racconto che amalgama le contraddizioni assumendole come punto di forza. “Noi la testa non la chineremo mai”, cantano i ragazzi in curva. Un coro che esprime una ribellione indefinita, forse priva di una reale coscienza, ma che finisce per essere estremamente appropriato se trasposto alla storia di Paolo.
Il coraggio di rialzarsi e rimettersi in gioco che lui ha dimostrato, è diventato il mio coraggio. E la mia folle perseveranza. Per me questo film è un vero e proprio atto di resistenza. Di resilienza. Sfidando il logorio del tempo, probabilmente la logica. Ecco perché Corpo a corpo è anche un film politico. Ho voluto, come forma di resistenza autoriale, non solo una dilatazione estrema nel tempo della narrazione ma anche una forma in continua evoluzione, per rendere questa esperienza unica anche dal punto di vista della ricerca filmica. Il lungo periodo di gestazione di un progetto iniziato dodici anni fa e il rapporto speciale che si è instaurato con il protagonista hanno conferito al film un senso d’appartenenza e intimità unico. Vedere Paolo in ospedale bloccato su una sedia a rotelle, poi seguirlo in tutte le fasi di una lunga fisioterapia e infine osservarlo mentre si arrampica in cima a una montagna con tutti i suoi limiti fisici ma con un carattere e una forza di reazione incredibile: ecco, penso che il suo lento ritorno alla vita, vissuto insieme e filmato per tutti questi anni, sia il senso e il valore di Corpo a corpo.
Francesco Corona