Note di regia di "L'Isola Incantata"
Come raccontare quasi mille anni di storia nello spazio temporale della durata di un film? Come raccontare le variegate culture e religioni, i fatti e i misfatti che hanno interessato (e continuano a interessare) l' Isola dove sono nato e alla quale mi sento ancora di appartenere?
Per poter essere realizzato, questo film, necessita di uno sguardo particolare, di una linea di racconto, che affondi le sue radici nella tradizione popolare del “CANTASTORIE”.
I cantastorie, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, usavano le stesse metafore che poi hanno dato origine alla lingua del cinema. Il cartellone dove venivano disegnate le scene, che assomiglia al fotogramma su cui scorrono le immagini di un film. La musica, (il cantastorie si accompagnava con la chitarra e alternava il racconto al canto) che enfatizza e sottolinea la drammaticità del racconto, e l'uso degli attori (il cantastorie si calava nei suoi personaggi, interpretandone i sentimenti, come fanno gli attori nel cinema).
La figura del cantastorie in questo film è sostituita dai musicisti che compongono le musiche. Alfio Antico, I Fratelli Mancuso, Miriam Meghnagi, gli Agricantus, Franco Battiato. La scelta dei musicisti, è anch'essa legata a quelle personalità che pur avendo le loro radici nella musica popolare, hanno saputo evolversi nella ricerca di un gusto moderno, attraverso contaminazioni che vanno dalla musica araba a quella ebraica ed africana.
La parte visiva è composta, in prevalenza da brani di film che io stesso ho girato nella mia carriera di cineasta, e da nuove riprese, soprattutto per la parte che riguarda la presenza in scena dei musicisti.
Il film inizia con la morte di Federico e finisce ai giorni nostri.
Perché il nostro tempo, come ha voluto il fato, o l’andamento circolare della storia, ci riporta proprio al punto di partenza: a quella convivenza di popoli con culture e religioni diverse che qualche nuovo Torquemada vorrebbe distruggere.
Pasquale Scimeca