Note di regia di "Arbores"
Persistendo nell'attuale sistema di distruzione, correranno pochi anni ancora, e poi resterà soltanto la dolorosa memoria delle nostre dense boscaglie. (Giuseppe Siotto Pintor, deputato del Regno di Sardegna, 1836).
La distruzione dei boschi di cui parla il deputato e sindaco di Cagliari nel 1836 non si fermò. Ma oggi, neanche “la dolorosa memoria delle nostre dense boscaglie” è rimasta. Nessuno, ancor meno i sardi, pensa davvero che la Sardegna, solo 150/200 anni fa, era una terra ricoperta di boschi millenari con corsi d'acqua abbondanti e un clima conseguente: fresco, rigoglioso e umido. La rappresentazione di una Sardegna brulla, arida e desolata, “coltivata a granito”, popolata di pecore, di pastori, di briganti per conformazione del cranio, inizia solo alla fine dell'800. Fiorenzo Caterini, nel suo libro Colpi di Scure e Sensi di Colpa (storia del disboscamento della Sardegna dalle origini ad oggi, Carlo Delfino Editore, 2013), racconta molto bene tutto questo. Fonti storiche abbondanti, scrittori e letterati come Balzac e Valery, arrivati in Sardegna fino ai primi dell'800, raccontano di un'isola incantata, con boschi che partono dal mare e arrivano alla cima delle montagne, costretti continuamente ad attraversare fiumi e guadi. Con “migliaia di alberi di 5/6 metri di circonferenza e oltre, e di altezza proporzionata...” La storia del bosco del Monte Ortobene, a Nuoro, è un esempio di quello che è capitato ai boschi della Sardegna intera. Un bosco millenario, sacro alla popolazione, abbattuto dai colpi di scure dei taglialegna, come racconta bene Grazia Deledda in diversi suoi romanzi. Una piccola parte di quel bosco unico che era la Sardegna prima dell'Unità d'Italia. Fortunatamente oggi, dalle ceneri dei carbonai, quel bosco rinasce. Dopo il totale disboscamento subito nel corso del 1800, anno dopo anno, il bosco del Monte Ortobene, lentamente, ricresce. Dalle ceppaie di querce gigantesche nascono nuovi alberi. I cinghiali, un tempo spariti, oggi popolano ogni anfratto, ogni cespuglio del Monte. Dopo un inverno finalmente piovoso, tutte le fonti sono gonfie d'acqua. L'acqua, da monte a valle, sembra fare un percorso conosciuto a memoria e ridona vita a oltre 40 fonti. La terra si risveglia. Nikola, Massimo e Gavina questo bosco l'hanno vissuto e frequentato dagli anni 30 del secolo scorso. Quando il bosco quasi non c'era... ancora troppo fresche le ferite inferte dai colpi di scure. Quando abbracciano uno dei lecci del Monte, la loro pelle di quasi cento anni sembra confondersi nella corteccia. Un bagaglio di informazioni e storie, figlio di una tradizione orale e di un'arte del racconto un tempo praticate diffusamente. Le loro storie sul monte Ortobene, insieme a quella del disboscamento della Sardegna e della sua memoria perduta, raccontata da Fiorenzo Caterini, si intrecciano, l'una con l'altra, scandite dallo scorrere del tempo nella foresta. La natura e il bosco. Un lavoro di osservazione fatto di 3 giorni di riprese al mese, giorno e notte, per 24 mesi. Una natura raccontata quasi in tempo reale. Che cresce e vive, con la pioggia e la neve, il vento e il sole. Con trappole fotografiche per gli animali, a terra e sugli alberi. Cinghiali, martore, donnole, volpi, si nascondono tra gli anfratti alla base del bosco. Il bosco visto dall'alto. Come un rapace vede la foresta, in volo, cercando la sua preda tra la fitta vegetazione...Il bosco visto da dentro, di notte. Il gufo, la civetta, l'assiolo. Siamo con loro, sui rami degli alberi. Le riprese notturne sono state tutte realizzate agli infrarossi. Realizzate alla luce della luna o di luci artificiali invisibili all’uomo e agli animali, e raccontano un mondo a cui l’uomo non ha accesso, abitato da fate, folletti e da spiriti erranti.