L'ACQUA, L'INSEGNA, LA SETE - Ricordi di una scuola imperfetta
Una scuola superiore, il Cine-tv Rossellini di Roma, una classe, un progetto speciale. Nel 2005 e per 3 anni scolastici, le telecamere degli studenti ripresero se stessi, documentando la vita di scuola sotto la supervisione di alcuni insegnanti coordinati da
Gianclaudio Lopez, prof di italiano e dallo stesso
Valerio Jalongo.
Ne uscirono oltre 150 ore di girato, conservate e quasi dimenticate in decine di cassette MiniDv e riposte in una scatola di legno. Insieme ai compiti in classe più significativi scritti dei ragazzi, queste immagini sono diventate "
L’Acqua, l’Insegna, la Sete - Storia di Classe", un racconto che si è compiuto dopo 15 anni andando a ritrovare gli studenti ormai trentenni e scoprendo quale destino sia toccato loro.
Sempre grazie all’aiuto e al carisma del professor Lopez, gli studenti del Rossellini di 15 anni fa rileggono il passato con un’emozione che riesce facilmente a trasferirsi sullo spettatore e ricordando, senza però la retorica napoletana, il bel documentario di Ferrente e Piperno “Le Cose Belle”. È forse la verità delle immagini girate nel 2005 dagli stessi ragazzi, senza veli e senza filtri, pura ed elementare, a dare al film di Jalongo una forte carica emotiva, scatenando una lunga serie di considerazioni sulla scuola, sui giovani e sulla relatività del tempo che passa.
Riguardandosi e rileggendo i propri compiti scritti, i ragazzi (perché sono tuttora ragazzi) sembrano aver preso strade completamente diverse da quella che quella scuola avrebbe dovuto offrire loro. Sicuramente i sogni di allora non si sono avverati: chi tiene a pensione i cani, chi assiste gli anziani e chi gioca a poker da professionista, tra un lavoretto e l’altro. Di tv e cinema neanche l’ombra e la sensazione è che non sia colpa di un quattordicenne, incapace all’epoca della scelta giusta, ma di una scuola, sia questa cinetelevisiva, sia linguistica o scientifica, generalmente inefficace nell’appassionare gli studenti agli argomenti fondamentali di un mestiere, incapace a preparare un percorso di vita, persa dietro a incombenze e personalismi che mettono in secondo piano la formazione dei ragazzi.
L’amato/a insegnante di lettere che ci capisce, scherza ed è in grado di scatenare l’interesse, è soltanto un caso isolato: tutti ne abbiamo avuto uno che ricordiamo con piacere, ma la scuola non è identificabile con questi. La scuola deve offrire di più e soprattutto non spingere una grossa maggioranza in uno scivolo deprimente che, come in questo caso, arriva fino ai trent’anni.
Il film di
Valerio Jalongo, scritto con
Linda Ferri, e fotografato da
Massimo Franchi è coinvolgente e toccante. Negli occhi di chi si guarda nel passato si legge chiaramente la nostalgia di quei momenti complicati ma bellissimi, oltre al rimpianto di qualcosa che poteva andare né meglio né peggio, solo diversamente.
21/11/2021, 10:00
Stefano Amadio