FRANCESCO DI LEVA - "Moriro' sul palcoscenico"
Protagonista di "
Fino ad essere felici", primo lungometraggio di
Paolo Cipolletta, in concorso al
RIFF - Rome Independent Film Festival,
Francesco Di Leva è da tempo tra gli interpreti napoletani più apprezzati al cinema: da “Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini, per il quale ha ottenuto una candidatura al David di Donatello come migliore attore non protagonista, fino al ruolo più importante, quello di Antonio Barracano in “Il sindaco del rione Sanità” di Mario Martone. Nel film di Cipoletta Di Leva interpreta Andrea, un padre di famiglia dalla vita apparentemente ordinaria, che di notte si trasforma in Octavia Meraviglia, la drag queen più celebre delle notti napoletane.
Com’è stato calarsi nei panni non semplici di Octavia Meraviglia?
"Mi ha fatto percepire quella incredibile sensibilità che hanno le donne, per affrontare un personaggio del genere ti devi addentrare in delle zone mai esplorate prima. Ho apprezzato ancora di più il mondo femminile, non che prima non lo facessi, ma esplorandolo dall’interno lo guardi completamente da un altro punto di vista, ed è meraviglioso. È stato molto faticoso fisicamente, io e Luca Saccoia, che interpreta Enzo, anche lui una drag queen, ci siamo preparati moltissimo con dei personal trainer bravissimi, facevamo tre ore di trucco, stavamo dieci ore sui tacchi ballando e cantando, e ho iniziato ad avere un’altra percezione verso le donne che portano i tacchi tutto il giorno o li indossano per i loro uomini, per me sono tutte delle dive".
Nel film Tommaso, il figlio adolescente di Andrea, è l’unico personaggio che non ha pregiudizi, guarda con curiosità alla trasformazione del padre…
"Il bambino voleva essere proprio l’occhio dello spettatore, lui vede solo che il padre sta facendo qualcosa che lo diverte e che lo rende felice, una felicità repressa perché non è condivisa. La drag non è altro che una professione, a me ha ricordato moltissimo l’avanspettacolo, la nostra tradizione napoletana, prima il teatro era tutto fatto di uomini, non c’erano le donne sul palco, gli uomini si travestivano da donna e in qualche modo erano drag, è puro intrattenimento".
Nel film Lucia (Miriam Candurro), moglie di Andrea, all’inizio è sconvolta quando scopre che il marito fa la drag queen e minaccia di non fargli vedere più suo figlio, una scena molto forte, da padre ti sei sentito ancora più coinvolto con il tuo personaggio?
"Un attore prima ancora di calarsi in un personaggio ha una mappa dentro di sé fatta di emozioni, di vissuto, di film visti. Nelle scene con Giuseppe Pirozzi, che interpreta mio figlio, non potevo far altro che pensare ai miei figli e mi sentivo molto coinvolto. Quando supplico mia moglie di farmi vedere Tommaso sono proprio io, non è il personaggio, è venuta fuori quella parte istintiva di protezione che ogni genitore ha verso i propri figli. Poi secondo me il personaggio di Lucia rappresenta parte della nostra società, quella intollerante, non dimentichiamoci che recentemente 154 senatori hanno bocciato una legge che poteva tutelare le vittime di discriminazione, che serviva a tutti, ai nostri figli, ai nostri nipoti, mi sconvolge che non abbiano nemmeno voluto discuterla. Mi metto nei panni di ragazzi e ragazze gay che vivono in un paese dove non sono veramente liberi e accettati e questa cosa mi inquieta".
Sei molto vicino ai giovani tanto che insieme ad altri artisti hai fondato in un quartiere difficile alla periferia est di Napoli il NEST, per dare una speranza e una possibilità in più ai ragazzi della zona, per promuovere un teatro di impegno, per una crescita culturale…
"I ragazzi si impegnano, studiano, qualche anno fa pensavano a percorsi più semplici, come sedersi su una poltrona per un mese in televisione, per loro significava quello essere attore, invece attore si è per tutta la vita secondo me, non lo si fa per un mese. La condizione dell’attore non finisce mai, parlando con i nostri ragazzi dico sempre: “Non andrò mai in pensione, morirò sul palco o facendo un film”. Come si può spegnere questo fuoco? Una volta Toni Servillo ha detto una cosa meravigliosa che ha cambiato totalmente la percezione di quello che stavo facendo: “Avere successo da giovani è una delle più grandi disgrazie che ti possano capitare nella vita perché non hai tempo di sbagliare”. Io onestamente voglio anche sbagliare perché non sarà un film o uno spettacolo sbagliato a decretare se sono o non sono un bravo attore. Ci vuole sacrificio, io sono innamorato del mio lavoro, me lo sono conquistato, stavo con i sacchi di farina di 50 chili sulle spalle, ho due ernie del disco, mi fanno male le gambe, me li porto dietro i segni dei 15 anni a lavorare in panificio, ho lavorato di notte, vivevo quando la gente dormiva e dormivo quando la gente viveva, adesso faccio l’attore, ho vinto".
Tra le tue vittorie c’è sicuramente il ruolo di Antonio Barracano in “Il sindaco del rione Sanità” di Mario Martone…
"Ho recentemente lavorato di nuovo con lui, sono infatti coprotagonista del suo prossimo film, “Nostalgia”, con Pierfrancesco Favino. Ho la fortuna di essere diventato amico di Mario ed è un privilegio enorme confrontarsi con un artista del genere. Auguro a tutte le nuove generazioni di attori di trovare un faro come Mario Martone perché ti apre un mondo. Lo reputo il mio padrino artistico, quando devo prendere una decisione mi rivolgo sempre a lui".
Perché Napoli affascina così tanto? Il successo di tanti film e serie tv diretti e interpretati da napoletani lo dimostra…
"È una terra stregata la nostra, ci metti piede e non vuoi più andare via, anche Sorrentino è tornato a Napoli che quest’anno è diventata la capitale del cinema italiano, sono troppo orgoglioso della mia città. Noi artisti napoletani, poi, abbiamo un compito difficile, dobbiamo portare avanti delle tradizioni di qualità, quelle di Eduardo De Filippo, Totò, Massimo Troisi…".
Oltre al film con Martone hai altri progetti in corso?
"Sto girando un film da con Pippo Mezzapesa, “Ti mangio il cuore”, e dal 30 novembre sarò al teatro Gobetti a Torino con lo spettacolo “12 baci sulla bocca”, sulla travagliata storia di un giovane omosessuale nell’Italia degli anni ‘70".
23/11/2021, 12:17
Caterina Sabato