Note di regia de "L'Amica Geniale - Storia
di chi Fugge e di chi Resta"
‘Storia di chi fugge e di chi resta’ è un grande romanzo che - mentre giravo - definivo “epico domestico”. Perché ogni giorno provavo a tenere assieme due elementi: quello che ricordavo delle dinamiche familiari personali in quegli anni (il domestico), e gli echi della storia che entravano in casa mentre fuori tutto provava a cambiare (l’epico).
Il mio intento è stato quello di raccontare in modo veritiero e interessante il tentativo di "liberazione" delle donne di quell'epoca.
A me quegli anni lontani sembravano vicini per ragioni anagrafiche, ma non è stato lo stesso per gli attori. Mi sono trovato spesso a spiegare a persone molto più giovani di me cosa fosse stata la rivoluzione dei costumi degli anni ‘70 e a chiedere loro di identificarsi in quei tentativi di cambiamento e dissoluzione, per poterne rappresentare credibilmente quell'energia dubbiosa che ne costituiva la materia.
Ho dovuto spiegare come si parla quando si parla di ideologia. Come si pronuncia un discorso politico senza diventare ridicoli. Come si fa a far credere al pubblico che i personaggi stiano vivendo uno smottamento culturale che è partito dai convenzionali anni '60 e che ha portato ad un nuovo modo di vedere le cose.
Il lavoro principale ha coinvolto Margherita e Gaia, che interpretano Elena e Lila, e che dovevano, nonostante la loro giovane età, rappresentare donne che crescono, che cambiano, che vivono desideri e maturità di donne più grandi di loro. Il loro talento mi ha permesso di mantenere non solo una grande credibilità, ma anche di mostrare quello che era usuale negli anni '70: famiglie più giovani di quelle contemporanee. Le nostre mamme e i nostri papà erano poco più che adolescenti quando hanno fatto figli, messo su casa e questo cast lo ha messo in scena brillantemente, stimolando le loro emozioni in zone che per loro non sono ancora state vissute.
‘Storia di chi fugge e di chi resta’ ha deciso da sola come farsi mentre davo risposta a questa e a mille altre questioni. Il personaggio di Elena Greco, attorno a cui tutto ruota, si trasformava impercettibilmente, passo dopo passo così come cresceva l’attrice. In questa stagione Elena sembra avanzare, e allo stesso tempo regredire ogni volta che entra in relazione con i personaggi della sua vita precedente. Mentre Elena è a Firenze, dove la sua vita è potuta ricominciare da capo, si permette trasgressioni, acquista decisione, maturità, forza, e quando torna a Napoli, tra la sua famiglia e l’eterno conflitto/amicizia con Lila, sembra regredire ad uno stupore infantile. Un passo avanti, un passo indietro in oscillazioni che somigliano a quelle di ognuno di noi.
Ho mantenuto la linea dei personaggi avventurandomi nella mia interpretazione della loro evoluzione. Ho cambiato il paesaggio italiano che li accoglie, portando la narrazione per quanto possibile in esterni aggiungendo allo stile del teatro di posa quello del cinema in strada.
Nel racconto di questo decennio ho usato i procedimenti del cinema che mi appassionava da adolescente, quello degli anni ’70, così come le prime stagioni erano benedette dall’influenza del neorealismo. Nella direzione degli attori, nella macchina da presa e nell’uso del colore, ho immaginato di lavorare in “quegli” anni.
Sono entrato in punta di piedi in una serie che aveva già alle spalle un olimpo di autori: Elena Ferrante, Saverio Costanzo, Laura Paolucci Francesco Piccolo ed un esercito di attori che già erano i personaggi da prima di me. Eppure quando avevo una domanda preferivo prendere in mano il romanzo in cerca di soluzioni. Sulle pagine, invece di risposte, trovavo spesso altre domande. I libri della Ferrante hanno questo fascino di precisione sfuggente, che lascia libertà di interpretazione all’interno di uno schema psicologico implacabile e sempre acutamente vero. I suoi libri sono libri cosmo, che hanno dentro tutto, e che permettono molti tipi di lettura senza che l’ispirazione di fondo vada perduta. Con qualunque occhio la si guardi, la storia di Lila e Lenù è sempre la stessa e sempre differente, profonda, fine e popolare. Avere l’onore di filmare semplicemente la verità della loro trasformazione è stata fonte di piacere inesauribile.
Daniele Luchetti